L’OPINIONE DEL DOTTOR IEZZI: «Serve la fondazione»

Un chiaro sì alla trasformazione della casa di riposo Santa Chiara di Lodi in una fondazione: è questa la posizione assunta dal dottor Biase Giovanni Iezzi di Lodi, già primario di geriatria e docente universitario responsabile culturale Avulss. Iezzi, che appare anche tra i firmatari del documento di alcune personalità di Lodi e del Lodigiano a sostegno della trasformazione della casa di riposo in fondazione - documento che «Il Cittadino» ha pubblicato integralmente sull’edizione di sabato 18 gennaio - ha indirizzato al nostro giornale una lettera che di seguito pubblichiamo.

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È inevitabile e necessario, in un contesto di dibattito e di confronto così acceso e appassionato come quello dispiegatosi in questi giorni, tornare a parlare della sorte del nostro Istituto Santa Chiara che, nel Lodigiano e per il Lodigiano, tanto ha operato e significato.

L’utilizzo del possessivo “nostro”, lungi dal voler rivendicare un possesso egoistico e miope, vuole semplicemente, ma con chiarezza, ribadirne la natura di patrimonio del territorio e, conseguentemente, sostenere la necessità che esso rimanga amministrato e gestito dalla “comunità” di Lodi.

Ricordando che la casa di riposo Santa Chiara è diventata, nel tempo, un punto di riferimento nell’assistenza agli anziani ivi ricoverati, va sottolineato anche come sia, ad oggi, un elemento di eccellenza del nostro territorio per molteplici motivi: innanzitutto la centralità della persona, sempre in primo piano in qualunque intervento, o scelta, o proposta innovativa; in secondo luogo l’altissimo livello raggiunto dall’assistenza medica ed infermieristica e una qualità di servizi che, promossa a livello territoriale, corre il rischio di non essere pienamente assicurata da una gestione regionale.

Inoltre, di fronte a tale questione, sorge spontanea la domanda: è opportuno che una comunità venga privata di una “eccellenza” che ha creato, curato e amato, alla quale si sono dedicati molti dei suoi cittadini con abnegazione e profondo spirito civico, ottenendo risultati di assoluto rilievo?

Senza alcun dubbio la mia risposta è no!

Qualcuno, poi, denuncia la possibilità che una fondazione, dovendo far quadrare i bilanci, dovrà operare delle scelte che mirino innanzitutto a risparmiare sul personale, tagliando posti di lavoro e sacrificando risorse che assicurano un’alta qualità dell’assistenza agli ospiti.

Niente di più sbagliato: come potrebbero amministratori, che abitano e vivono quotidianamente la vita della nostra città, operare scelte così scellerate?

Altro potrebbe essere detto per confermare la bontà di una scelta che mi auguro possa essere quanto prima adottata. Ma anche e semplicemente da queste considerazioni e riflessioni si rafforza la convinzione profonda che l’Istituto Santa Chiara debba essere una fondazione, gestita dalla lodigianità; solo così potrà rimanere tra noi e con noi cittadini, per continuare a svolgere quel servizio alla persona che, da anni, caratterizza la sua presenza nella nostra terra»

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