LODI Venerdì 18 alle 18.30, il giornalista Fabrizio Gatti in diretta Facebook e sul sito del «Cittadino»

Esperto nazionale in inchieste sotto copertura, presenterà il suo libro «L’infinito errore. La storia segreta di una pandemia che si doveva evitare»

“L’infinito errore. La storia segreta di una pandemia che si doveva evitare”. Sarà presentato anche a Lodi, con una diretta Facebook, sul canale del «Cittadino» e sul sito del giornale, venerdì 18 novembre, alle 18.30 (visibile anche successivamente) il libro del giornalista Fabrizio Gatti.

Professionista del giornalismo sotto copertura, Gatti ha fatto per anni inchieste da infiltrato per il settimanale l’«Espresso» e attualmente è direttore editoriale per gli approfondimenti del giornale «Today.it».

Pubblicato dalla Nave di Teseo, il libro parte da Codogno, da quel 20 febbraio 2020, dall’intuizione dei medici lodigiani e dalla ricostruzione di quanto è avvenuto nei nostri ospedali, in pronto soccorso e in rianimazione, poi analizza a ritroso, in modo minuzioso, con centinaia di documenti alla mano, quello che è accaduto e come mai l’epidemia che si sarebbe potuta evitare si è trasformata addirittura in pandemia.

L’elenco degli errori, dalla Cina alla Lombardia

Il viaggio indietro nel tempo parte dalle grotte cinesi, attraversa i laboratori dove i virus sono stati studiati e arriva nelle nostre case.

Sotto la lente tutte le scelte che il giornalista definisce irresponsabili compiute dal partito comunista cinese che guida la dittatura in Cina e dai governi più allineati, tra i quali quello italiano che, ha ribadito recentemente anche in un’intervista a La7, «per non danneggiare i rapporti bilaterali economici e politici con la Cina ha ignorato una serie di obblighi a cominciare dai doveri di profilassi internazionali. Queste scelte hanno permesso al Coronavirus di entrare tranquillamente nelle nostre case e di colpirci per primi al mondo».

Per preservare i rapporti commerciali la Cina ha ignorato la prevenzione

Il libro dimostra che quanto è accaduto non è una fatalità. «Il virus non è stato creato in laboratorio perché la sequenza genetica dimostra il contrario - dice Gatti -. Metto in luce però la sottovalutazione del rischio biologico di tantissimi ricercatori che sono stati mandati nelle grotte cinesi a catturare Coronavirus; in queste grotte dormivano e mangiavano a contatto con gli escrementi dei pipistrelli che venivano catturati».

L’Italia è stata il trampolino per il passaggio da epidemia a pandemia, dice il giornalista. «L’Italia, il 13 gennaio - annota - ha firmato un accordo con la Cina per il raddoppio immediato dei voli turistici che ha permesso a migliaia di turisti cinesi di venire in Italia, ma anche a migliaia di lavoratori italiani di tornare in Italia dopo l’allarme a Wuhan, senza nessuna precauzione».

Nel libro ci sono tantissimi inediti, è una storia completamente diversa da quella che abbiamo conosciuto fino ad ora.

Tra questi documenti è presente l’allarme dato già il 21 gennaio dall’allora capo della protezione civile Angelo Borrelli al presidente del consiglio Giuseppe Conte proprio sul massiccio afflusso di turisti e sulle analogie drammatiche tra il nuovo Coronavirus e l’epidemia della Sars del 2003.

La porta d’ingresso dell’epidemia in Italia

Gatti parla del grande focolaio considerato porta d’ingresso dell’epidemia in Italia, «che si è verificato nella provincia dello Zhejiang dove maggiori erano i contatti con l’imprenditoria italiana ed è anche la provincia nella quale sono stati sviluppati, isolati e indotti al salto di specie due Coronavirus che sono i principali parenti del Coronavirus che ha colpito tutti» .

In diretta Facebook sui nostri canali Fabrizio Gatti risponderà alle domande dei giornalisti del «Cittadino» e potrà rispondere anche alle domande inviate per iscritto da chi è collegato, sugli errori che si sarebbero potuti evitare

Questi esperimenti, racconta il giornalista, sono stati condotti dall’esercito militare cinese, «questo è uno dei motivi che hanno indotto il partito comunista a usare la stessa strategia iniziale scelta in occasione dell’esplosione della centrale di Chernobyl: quella di nascondere tutto e lasciare che migliaia di persone morissero innocentemente».

Una strategia quella della non comunicazione, annota il giornalista, portata avanti anche in Italia. «Le regioni italiane - racconta Gatti - hanno vietato al personale sanitario di rendere pubbliche, senza autorizzazione, critiche, segnalazioni, denunce che, in una situazioni di emergenza, avrebbero potuto, invece, informare meglio i cittadini. Pena provvedimenti disciplinari e conseguenze per la carriera che non escludevano il licenziamento».

I

© RIPRODUZIONE RISERVATA