Lodi, la storia di Aminata

Oscar Maffini, Silvia Cantinotti, Nicolò Ripamonti, Aminata Tamba, Federica Carbone, Angelo Gianluca Rapelli, Francesca Mahony, Maria Elena Uggè, Elena Esposti, Paola Tessera, Andrea Ivonne Losa e Fabrizio Bianchi: sono loro i migliori studenti dell’anno scolastico 2010-2011, premiati ieri mattina con il tradizionale riconoscimento intitolato a Giovanni Gandini. Dietro a una naturale timidezza causata dall’ufficialità del momento, dietro ai loro occhi bassi e ai sorrisi abbozzati, si nascondono forza d’animo, intelligenza, costanza e passione, requisiti richiesti a ogni “cervellone” dal vecchio Euclide ad Albert Einstein. Spettinato come un genio della matematica, Angelo Rapelli ha preferito dedicarsi all’ingegneria elettronica, la facoltà a cui si è iscritto dopo aver ottenuto il diploma all’Itis Volta. Il suo sogno è fare il ricercatore, possibilmente non in Italia, «magari a New York», dove spera di trasferirsi un giorno. Aminata Tamba, invece, il grande viaggio della sua vita lo ha già affrontato: a tredici anni si è trasferita a Lodi dal Congo, si è iscritta alle medie e ha cominciato da lì la sua luminosa carriera scolastica. «All’inizio non è stato facile - racconta - soprattutto per la lingua e qualche difficoltà a integrarmi con i compagni. Le medie le ho fatte all’Ada Negri, mentre le superiori alle scuole professionali Einaudi, indirizzo commerciale. L’anno scorso, dopo il diploma, mi sono iscritta a Economia e commercio», e in meno di un anno ha già superato cinque esami. Un mostro. In buona compagnia però, a cominciare da quella di Maria Elena Uggè, che a dispetto del diploma in scienze della formazione, ottenuto «cum laude» al liceo Maffeo Vegio, ha pensato bene quest’anno di iscriversi a ingegneria biomedica, «perchè me la cavavo bene nelle materie scientifiche e la bio-ingegneria mi interessava». Anche a lei piacerebbe un giorno diventare ricercatrice, magari retribuita e con regolare contratto, e dunque necessariamente all’estero, lontano da un’Italia che mette in fuga i suoi figli migliori. Qualcuno che intende restare però c’è, come Nicolò Ripamonti, che spera un giorno di laurearsi in matematica applicata «e trovare lavoro al Mox, il laboratorio di Modellistica e calcolo scientifico del Politecnico di Milano», l’ateneo cui si è iscritto dopo il diploma al liceo tecnologico Volta. Roba da secchioni? Niente affatto: «Bisogna trovare il giusto equilibrio tra studio e tempo libero - dice - troppe ore passate sui libri sono controproducenti». Mai rinunciare a un distensivo giretto con gli amici, e se lo dice il primo della classe non c’è ragione di dubitarne: «staccare aiuta a ritrovare la concentrazione». Per Fabrizio Bianchi invece, ex alunno dell’istituto agrario Engardo Merli (ex Villa Igea), la parola «staccare» proprio non esiste: la sua famiglia lavora nel settore agricolo, suo padre è titolare di un’industria caseria; andare a scuola o rimanere a casa non fa grande differenza. Lui, però, la pensa diversamente: dopo il diploma ha scelto di proseguire gli studi all’Università di Milano.

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