LODI Stop ai respingimenti, si parte da “Trieste è bella di notte”

Per la giornata mondiale del rifugiato quest’anno si parte il 6 giugno, alle 19 con l’aperitivo solidale e poi alle 20.45 con la proiezione della pellicola di Andrea Segre, Matteo Calore e Stefano Collizzoli

Un film documentario, dibattiti, tornei di calcio e spettacoli teatrali per celebrare a Lodi la giornata mondiale del rifugiato.

Le iniziative sono state presentate nei giorni scorsi, in sala consigliare, a Lodi, dai promotori: il Comune di Lodi (gli assessori Simonetta Pozzoli e Francesco Milanesi), Progetto Sai, Sistema accoglienza e integrazione (Tatiana Negri e Paola Garbarini), Progetto insieme (Paolo Landi e Lorenzo Musitelli), Caritas diocesana (Luca Servidati), Progetto pretesto (Diana Medri) e Libreria Sommaruga (Michela Sfondrini).

La giornata mondiale del rifugiato è stata istituita dalle Nazioni unite nel 2000 in occasione del cinquantesimo anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato. Si celebra ogni anno il 20 giugno e rappresenta una occasione per richiamare l’attenzione sulla situazione delle persone costrette a lasciare la loro casa a causa di guerre, persecuzioni e ingiustizie. Un tentativo per i promotori di intensificare gli sforzi per prevenire e risolvere i conflitti e contribuire alla pace.

Gli eventi si apriranno con il docufilm “Trieste è bella di notte” di Andrea Segre, Matteo Calore e Stefano Collizzolli, che sarà proiettato il 6 giugno, alle 20.45 ad ingresso gratuito al cinema Fanfulla. La pellicola sarà presentata da Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà, oltre che ex vicepresidente di Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e Ismail Swati, aiuto regista e mediatore culturale. I due esperti saranno intervistati da Luka Zanoni, direttore dell’Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.La serata si aprirà alle 19 con l’aperitivo solidale ed etnico (offerta libera a partire da 5 euro) a cura di Progetto pretesto.

«Oltre a erogare tutti i servizi di accoglienza ci piace organizzare momenti di condivisione e sensibilizzazione della cittadinanza sui temi della guerra e dei diritti - hanno spiegato i promotori -. Quest’anno abbiamo pensato di non fare solo un evento il 20 giugno, ma tutta una serie di eventi dal 6 giugno all’1 luglio. “Trieste è bella di notte” racconta della situazione che si è creata al confine interno all’Unione europea, quello tra Italia e Slovenia, a pochi chilometri da Trieste».

Il tema è quello del confine orientale e dei respingimenti illegittimi effettuati dalle autorità italiane verso la Slovenia che poi si trasformano in respingimenti a catena verso la Croazia e la Bosnia. Vittime soprattutto persone afghane e pakistane in fuga dai conflitti e dalla povertà dei paesi di origine, cui viene negato il diritto di chiedere protezione internazionale e una accoglienza sicura e dignitosa

I migranti asiatici della rotta balcanica che riescono ad attraversare la frontiera, infatti, rischiano di essere fermati dalle forze dell’ordine italiane e rispediti in Slovenia e poi indietro fino in Bosnia.

La rotta balcanica è il percorso che molte persone, la maggior parte provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Iran, Pakistan, Bangladesh, compiono nel tentativo di raggiungere l’Europa. Una rotta costellata di violenze, torture, respingimenti, restrizioni arbitrarie. Uomini, molti minori, ma anche intere famiglie in fuga a piedi dai paesi di origine, passano settimane, anche mesi all’addiaccio, senza un tetto, senza possibilità di lavarsi. Sole le associazioni forniscono coperte, indumenti, cibo e assistenza legale. Sostituendosi, di fatto,a quanto dovrebbero fare le istituzioni.

Trieste rappresenta una tappa importante di questo percorso. Porta di accesso al territorio europeo. Per molti è un ulteriore passaggio verso Germania, Francia o paesi nord europei. Per altri la fine del tragitto e la possibilità di chiedere in Italia la protezione internazionale. È una rotta “aperta” già da anni, che non fa clamore. L’attraversano, infatti, poche persone alla volta, piccoli gruppi, ma in un costante flusso di umanità disperata. Non si vedono alla Tv come gli “sbarchi” a Lampedusa e ci si dimentica di loro anche quando si grida all’invasione.

I respingimenti avvengono senza una procedura formale e con la negazione di fatto di esercitare il diritto di chiedere protezione internazionale e di usufruire di una accoglienza dignitosa. Si tratta di persone in fuga da situazioni di conflitto ed estrema povertà cui vengono negati diritti e che subiscono, in questo percorso di andata e ritorno che per alcuni si ripete più volte, trattamenti inumani e degradanti.

Nel 2020 una circolare del ministero dell’Interno sollecitava quelle che venivano definite riammissioni informali verso la Slovenia, considerandole attuabili sulla base di un accordo bilaterale del 1996 con la Slovenia.

La polizia di frontiera di Trieste e Gorizia ha riammesso 1240 migranti e richiedenti asilo tra gennaio e metà novembre 2020 (il 420 per cento in più rispetto al 2019). Diversi di loro sono stati respinti a catena fino in Bosnia, abbandonati al gelo nei boschi.

Il tribunale di Roma, con una ordinanza di gennaio 2021,accogliendo il ricorso di un ragazzo pakistano (sostenuto da Asgi e da diverse associazioni) ha definito tale prassi illegittima, costringendo il Viminale a fare marcia indietro: l’Italia aveva consapevolmente esposto le persone a “trattamenti inumani e degradanti” lungo la rotta balcanica e a “torture” in Croazia. Nessuno dei governi che si sono succeduti da allora ha mai riconosciuto il carattere illegale di quelle procedure.

L’Italia non ha mai riconosciuto il carattere illegale di quelle procedure

L’accordo di riammissione tra Italia e Slovenia del 1996 non è mai stato ratificato ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione italiana, nonostante abbia una chiara natura politica e ricada pertanto tra le ipotesi di cui tale procedura è obbligatoria. Per tale ragione, anche ai sensi dell’articolo 46 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, esso è da considerarsi nullo sul piano giuridico.

Nessuna riammissione può essere “informale”

Nessuna riammissione può essere “informale” in quanto, in uno stato di diritto, ogni azione di qualsiasi pubblica amministrazione, specie se si tratta di una decisione che incide sui diritti fondamentali di una persona, deve consistere in un provvedimento scritto, motivato e notificato all’interessato che deve avere il diritto, sancito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo di contestare la decisione in sede giudiziaria.

Diritti umani violati in continuazione

Nessuno straniero che chiede asilo alla frontiera italiana o nel territorio può essere semplicemente riammesso in Slovenia come se tale domanda non fosse stata fatta perché le norme impongono alle autorità italiane di registrare sempre la domanda di asilo e di attivare la procedura, compresa quella prevista dal regolamento Dublino III, per individuare il paese competente ed esaminare la domanda di asilo se si hanno fondate ragioni che non sia l’Italia.

Il governo italiano è consapevole dei respingimenti a catena e dei trattamenti inumani degradanti, della violenza e della negazione del diritto di asilo in Croazia, Bosnia e Serbia.

I respingimenti non sono ammessi se la persona rischia di essere sottoposta a trattamenti umani degradanti

Secondo il testo unico sull’immigrazione “in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, lingua, cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione”. “Non sono ammessi - ribadisce il testo - il respingimento l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”.

A fine 2022 il Viminale aveva prefigurato la ripresa delle riammissioni dei migranti, già dichiarate illegittime. Un annuncio che si è rivelato però solo politico e che celava la consapevolezza che quelle pratiche erano “illegali”. Infatti Lubiana si è rifiutata di accettarle nel 90 per cento dei casi, evidenziando che le riammissioni non possono avere seguito quando non sia stata provata la provenienza degli stranieri dal territorio sloveno né soprattutto quando gli stranieri abbiano manifestato l’intenzione di chiedere protezione internazionale in Italia.

Espulsi in pochi mesi persino 500 afghani

Le autorità hanno dovuto perciò virare sui provvedimenti di espulsione, confidando che tutti gli interessati si sarebbero dispersi, come in effetti è accaduto. Oltre 650 provvedimenti in pochi mesi, di cui 500 a carico di cittadini afghani tecnicamente inespellibili.

Da fine marzo di quest’anno la polizia croata ha iniziato una nuova e allarmante pratica di rintraccio, detenzione ed espulsione collettiva di persone verso la Bosnia ed Erzegovina, esportandole in autobus ai valichi di frontiera, dove vengono poi consegnate alle autorità bosniache. Una pratica inquietante denunciata dal Border violence monitoring network (Bvmn).

“La polizia croata detiene le persone in stanze simili a prigioni senza cibo e acqua, poi le rispedisce in Bosnia ed Erzegovina”

Secondo le testimonianze raccolte dal Bmvn la polizia croata intercetta le persone in movimento su tutto il territorio nazionale e, dopo averle fermate, le scorta in stazioni di polizia utilizzando i veicoli in borghese (“Un furgone senza simboli ci ha fermati vicino alla strada. Le persone all’interno non avevano uniformi della polizia, ma abbiamo visto che avevano armi e da quello abbiamo capito che erano poliziotti. Ci hanno fatti salire sul furgone e portati alla stazione di polizia. Non sapevamo che cosa ci sarebbe successo ed eravamo tutti molto spaventati, continuavano a urlarci contro nella loro lingua e si rifiutavano di parlare inglese”).

Le vittime descrivono di essere state detenute per ore in stanze sotterranee simili a prigioni senza accesso a cibo e acqua, per poi essere trasferite in Bosnia ed Erzegovina. Alcune persone si sono lamentate di essere state costrette a firmare documenti in una lingua che non capivano e di non aver avuto la possibilità di presentare ricorso contro la procedura prevista dal regolamento sull’assistenza legale gratuita nel processo di espulsione e riammissione degli stranieri, nonché dal diritto internazionale.

Serve un cambio di passo

«La giornata porta a riflettere su queste problematiche drammatiche e sulla fuga da luoghi dove non è possibile vivere - ha detto Pozzoli -. Ringrazio tutti, quindi, per la realizzazione di queste iniziative».

«Il film offre davvero uno spaccato di quello accade- commenta Sfondrini -, questa serata è arricchita dalla presenza di ospiti che i raccontano quello che sta dietro il girato Tutti noi speriamo in un’Europa diversa e migliore di quella attuale. La pratica dei respingimenti informali è inaccettabile: abbiamo una responsabilità ce è dell’Italia e dell’Europa. Ci troviamo di fronte a una situazione strutturala rispetto alla quale è necessario un cambio di passo».

«Speriamo in una Italia migliore, c’è da guardare oltre l’Italia, per andare a fondo del problema», spiega Medri.

«Quella del film - aggiunge Servidati - è una narrazione vera, perché fatta da una esperienza sul campo, come lo sono quelle di Daniele Bellocchio sul “Cittadino”».

«L’accoglienza non può mai essere pienamente fatta se non c’è un processo di sensibilizzazione della comunità - commenta Landi -. Accoglienza vuol dire integrazione, vuol dire esser inseriti a pieno titolo nella società in cui si abita. Non è solamente avere una progettualità nei 18 mesi che sono quelli necessari, ma è necessario che la comunità sia preparata ad accogliere le persone. Questi eventi servono per educare la comunità ad una accoglienza integrata delle persone. Faccio una similitudine: Immaginiamo di andare in pronto soccorso perché siamo ammalati, andiamo nell’unico posto dedicato alle urgenze. Andiamo lì, ci mettiamo in coda, c’è il semaforo giallo, rosso, verde e quando è il nostro turno ci prendono in consegna per essere curati. Immaginiamo che in quel momento chi ci prende in cura per curarci dica: “No, ci dispiace, non abbiamo tempo, torna a casa”. Questo è quello che succede alle persone che arrivano sul nostro confine. Hanno un problema e chiedono una risposta che dovrebbero trovare in un paese civile di confine e invece vengono respinte. Attraverso queste sensibilizzazioni cerchiamo di migliorare l’efficienza del sistema.

Gli altri eventi

«La giornata del 17 Giugno - spiegano dal Sai - sarà dedicata alla restituzione alla città degli esiti di alcuni laboratori che svolgiamo con i beneficiari e le beneficiarie del progetto di accoglienza: danza terapia corpo e mente, fotografia narrativa, arte terapia e teatro. Presso gli spazi di San Fereorto esporremo fotografie e manufatti, condivideremo momenti laboratoriali e ci diletteremo anche in uno stage di danze popolari con un concerto finale a cura di SamovilaS, gruppo al femminile che propone brani tradizionali di diverse culture europee ed extraeuropee, eseguiti in lingua originale.

Il 24 Giugno e l’1 Luglio proponiamo momenti di riflessione, di socialità e di sport.

Nello specifico, presso l’oratorio della parrocchia di Santa Francesca Cabrini a Lodi si terrà un torneo di calcio con i ragazzi accolti nei progetti del Lodigiano ed il coinvolgimento di squadre locali intitolate, non a caso “Frontiere fuori gioco”, dove anche la regola del fuori gioco è sdoganata. Dopo le partite di “qualificazione” che si svolgeranno nel pomeriggio del 24 Giugno, seguirà una cena condivisa e un dibattito.

Focus della riflessione serale intitolata “Ogni mare ha un’altra riva” sarà la situazione del Mediterraneo, luogo di frontiera tragico ma anche presidio di umanità grazie a chi si dedica quotidianamente a salvare vite. Saranno presenti Don Mussie Zerai, sacerdote eritreo, candidato al premio Nobel per la Pace nel 2015 che ha speso la sua vita in difesa e in aiuto dei migranti, Paolo Lambruschi, giornalista di “Avvenire”, esperto in tema di migrazioni e di un operatore/operatrice di Emergency (da confermare) che ci racconterà l’esperienza della nave Life support.

Il 30 Giugno ci sarà lo spettacolo teatrale Tellus. Terra in sussulto presso il giardino di Villa Braila, esito del laboratorio curato dall’associazione Laboratorio degli Archetipi che ha coinvolto beneficiari e beneficiarie del SAI, adulti e bambini e altre persone del territorio, in un’ottica di inclusione e conoscenza reciproca. Il tema è il rispetto della natura e la salvaguardia dell’ambiente, con una riflessione profonda sui cambiamenti climatici e sulle migrazioni ambientali, i conflitti che ne derivano e sulle opportunità che abbiamo per rendere migliore questo nostro pianeta.

L’1 Luglio proseguiremo, presso gli spazi dell’oratorio di Santa Maria Ausiliatrice, con le finali e le premiazioni del torneo di calcio iniziato il 24/6 e daremo spazio, oltre che ad una riflessione sull’importanza dell’attività sportiva quale momento di socializzazione e di realizzazione personale in un’ottica di inclusione sociale, ad una partita dimostrativa di cricket, sport ancora poco praticato nel nostro territorio ma amato da alcuni nostri beneficiari. Concluderemo la giornata con una cena tutti insieme».

Le collaborazioni

Senza la collaborazione ed il sostegno di tante realtà lodigiane - dice Tatiana Negri - non sarebbe stato possibile organizzare momenti importanti aperti alla cittadinanza.

Ringraziamo quindi Cinema Fanfulla, Libreria Sommaruga, Fondazione Caritas Lodigiana ETS, Progetto Pretesto, Emporio solidale, Laboratorio degli Archetipi, Emergency, Movimento per la Lotta Contro la Fame del Mondo, Azienda Speciale Consortile Servizi Intercomunali, Eureka! Cooperativa sociale, Famiglia Nuova Società Cooperativa sociale, Parrocchia Santa Francesca Cabrini, Parrocchia Santa Maria Ausiliatrice, Psicopolis ODV, ANPI Provinciale del Lodigiano, Associazione Tutto il Mondo ODV – ETS, Camera del Lavoro di Lodi e Giuseppe di Vittorio ODV, SamovilaS, ICR – Consorzio Italiano Solidarietà, Zalab e Rumorossa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA