Lodi senza museo: viaggio nel cantiere abbandonato di San Domenico

Quando il portone si apre, l’ex Cavallerizza appare come... un museo di piccioni. Il pavimento è ricoperto di guano, lo sbattere d’ali sopra la testa è il segnale dei loro continui spostamenti tra una trave e l’altra, mentre lo scheletro di un volatile se ne sta lì per terra chissà da quanto tempo. Questa, però, è solo la prima impressione, perché spostandosi tra le sale di via Fanfulla, proprio a fianco dell’ex convento San Domenico, ci si rende conto che questo spazio abbandonato avrebbe delle grandi potenzialità. Qui, un giorno, non è dato sapere quando, nascerà il museo civico di Lodi e potranno essere organizzate delle esposizioni. Per ora, però, il progetto è fermo al palo.

Dopo anni, ieri mattina il commissario straordinario Mariano Savastano ha deciso di organizzare un sopralluogo all’ex Cavallerizza, invitando gli esponenti delle tre associazioni che durante un primo confronto avevano puntato l’attenzione sul futuro dell’edificio: Angelo Bertini, segretario del Fai Lodi-Melegnano, Giacomo Cavalli di Italia nostra e Germana Perani del Touring Club. All’iniziativa era presente anche l’architetto del Broletto, Roberto Munari. Prima di iniziare il “tour” all’interno dell’edificio, i presenti hanno ripercorso l’odissea che ha caratterizzato i lavori in via Fanfulla, interventi che si sono arenati a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità.

L’ultima volta che i lodigiani riuscirono a entrare nel “museo che non c’è” fu nel 2008 per la mostra Fundamenta Laude, in occasione delle celebrazioni dell’850esimo anniversario della fondazione della città.

Prima di varcare la soglia dell’ex Cavallerizza, il commissario sgombra il campo da dubbi: l’intento non è quello di aprire al pubblico il museo civico - anche perché ci vorrebbero soldi, tempo e altri lavori -, bensì quello di esaminare la situazione e capire come fare per valorizzare all’interno uno spazio anche minimo, attraverso la collaborazione delle associazioni, sollecitate da Savastano a presentare una proposta precisa a riguardo.

Al centro della Cavallerizza troneggia una struttura in ferro che ne costituisce il corpo centrale, l’edificio è infatti destinato a ospitare due piani; il progetto firmato dallo studio De Lucchi prevedeva di rimuovere l’attuale passerella a favore di una struttura più “leggera”. L’ascensore previsto sulla carta al momento non c’è.

Lungo tutto il perimetro si notano i resti delle fondazioni della chiesa che un tempo faceva parte del convento di San Domenico, si è deciso di valorizzarle lasciandole al loro posto e proteggendole, evitando che i visitatori le calpestino. L’edificio fu realizzato tra il 1271 e il 1338 e nel corso dei secoli ha subito varie modifiche.

Al centro della sala è stato impacchettato del materiale che probabilmente doveva essere utilizzato per portare a termine i lavori.

La sorpresa che lascia con il naso all’insù si trova all’interno della cappella del rosario, il soffitto sfoggia infatti un affresco di Girolamo Quaresimi, pittore lodigiano del Seicento. Una “Trinità in gloria” che cattura per diversi minuti l’attenzione di tutti i presenti, una volta emozionante che si affaccia però su tubi sporgenti e calcinacci, la pavimentazione è ancora assente. La cappella del rosario fu realizzata nel 1582 da Pellegrino Tibaldi ed è l’unica delle tre esistenti di cui è rimasta traccia.

È da questa sala che si può accedere ad altri locali, dove sarebbero previsti l’ingresso, la biglietteria, i servizi igienici e il bookshop. Per il momento, però, si devono fare i conti con tubi e fili di varia natura, assi di legno, mattoni sparsi e bancali che “sopportano” sacchi di materiale edile. Di fatto l’ex Cavallerizza è un cantiere ancora aperto. O meglio, infinito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA