LODI Pronto soccorso intasato, ambulanze in coda

Tutti i servizi di emergenza urgenza della Lombardia sotto pressione, un soccorritore: «I pazienti chiamano per la febbre, sembra di essere tornati al tempo del Covid». Tutte le barelle sono occupate. Appello: «Chiamate solo per le urgenze»

Sono le 16.30 di venerdì, davanti al pronto soccorso di Lodi continuano ad arrivare ambulanze. Dall’applicazione “Salutile” risultano 64 pazienti, 38 in visita e 26 in attesa, ma il numero è sottostimato perché l’applicazione non ha ancora aggiornato il numero dei codici colore che non sono più 4, ma 5.

Le barelle sono tutte occupate e le persone continuano ad arrivare.

Un volontario si sfoga: «Da giorni il pronto soccorso di Lodi, ma non solo questo, anche gli altri della Lombardia sono da bollino nero. A Melegnano abbiamo aspettato anche una notte intera per poter sbarellare il nostro paziente. I pronto soccorso esplodono, tutti ci chiamano. Spesso le persone, anche giovani, chiamano il 118 per la febbre, poi quando c’è una persona grave non abbiamo l’ambulanza libera».

«Nel pronto soccorso di Lodi - aggiunge un’altra volontaria - i tempi di sbarellamento sono sempre bassi, a differenza che altrove. Per questo continuano a mandarci qua. Adesso, per esempio, siamo rimasti solo 20 minuti in attesa».

Il pensiero va alla vicenda che era finita sulle pagine di cronaca alla fine di novembre: una donna di 103 anni, caduta, in casa, nel centro di Lodi, aveva aspettato 40 minuti prima che arrivasse l’ambulanza. «Oltre il 30 per cento delle richieste - aveva detto in quel caso il responsabile della centrale operativa del Soreu della Pianura Fabrizio Canevari - non è per un problema urgente».

«È vero - conferma il volontario -, mi sembra di essere tornato al periodo del Covid. Ci mandano in giro per la Lombardia con i pazienti, dove c’è posto, a Lodi, Pavia, Crema, Melegnano.A farne le spese è l’utente che ha davvero bisogno di soccorso. Quando chiediamo perché hanno chiamato ci dicono sempre che il medico di famiglia non risponde. Altri lo dicono senza nemmeno aver provato, altri non sono stati visitati perché il medico a domicilio non è andato, altri sono stati consigliati dallo stesso medico di base di chiamare il 118».

«A volte - continua il volontario - facciamo fare tutti i controlli, facciamo l’eco al bisogno su richiesta della centrale, facciamo quello che c’è da fare e poi se non è da portare in ospedale consigliamo di chiamare la guardia medica o di chiamare ancora se ha bisogno»

Anche il primario del pronto soccorso Stefano Paglia, nei giorni scorsi, è tornato su questo tema: «Non andate in pronto soccorso e non chiamate il 118 se potete andare dal medico di famiglia», aveva detto.

Il taglio dei letti negli ospedali è uno degli elementi che contribuiscono agli intasamenti delle strutture di emergenza urgenza. Se non ci sono letti liberi nei reparti, il pronto soccorso non può ricoverare e di conseguenza ha tutte le barelle occupate e i pazienti che devono entrare non possono. Un problema questo che riguarda anche le altre strutture.

A Lodi, se consideriamo solo il tasso dei letti accreditati, la media è del 3,1 ogni mille abitanti, ma è inferiore a quella nazionale del 3,7. Il numero reale poi è inferiore perché non tutti i letti accreditati sono in funzione.

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