LODI Posata la prima pietra d’inciampo in città: «Pietro Santi, un vero uomo libero»

In piazza Castello, con autorità e studenti, il ricordo di chi non si è piegato al nazifascismo

Lodigiano, padre di famiglia, internato militare, vittima del nazifascismo. Ma soprattutto uomo libero, dai principi inscalfibili. Gli stessi che ne hanno decretato la fine, avvenuta in Germania mentre, provato dalla fame, raccoglieva da terra delle bucce di patate. La storia di Pietro Santi è una vicenda che ha toccato un’intera città. Sabato, alla cerimonia di posa della sua pietra di inciampo, condotta da Ferruccio Pallavera, c’erano proprio tutti: dai suoi nipoti e pronipoti, che non ha mai potuto conoscere, a numerose autorità civili, militari e religiose, passando per centinaia di studenti, riuniti in rispettoso silenzio.

«Oggi - ha raccontato il nipote di Pietro, Luca Santi, presidente della locale sezione Anei- con la posa di una pietra d’inciampo a memoria di chi, come mio nonno, ha compiuto la scelta di non piegarsi al nazifascimo, Lodi è ancora più bella». Il sentimento nella voce di Santi è stato molto, nel corso di un momento definito «uno dei più emozionanti della mia vita».

«Non ci crederete, ma io mio nonno l’ho conosciuto, ritrovandolo nei silenzi di mio padre, nel suo sguardo e nel suo sorriso. Ogni volta che un filo di vento sferza il tricolore, ripenso agli altri 180 internati lodigiani morti nei campi, che meritano di avere una pietra d’inciampo ed una targa in Broletto a loro memoria».

«Non ci crederete - ha proseguito Santi - ma io mio nonno l’ho conosciuto, ritrovandolo nei silenzi di mio padre, nel suo sguardo e nel suo sorriso. Ogni volta che un filo di vento sferza il tricolore, ripenso agli altri 180 internati lodigiani morti nei campi, che meritano di avere una pietra d’inciampo ed una targa in Broletto a loro memoria». E con l’orgoglio di esserne nipote, Santi ha ringraziato il nonno Pietro, «per avermi insegnato a credere in me stesso, a non andare oltre la mia coscienza, a capire che la vera libertà è essere se stessi».

Le celebrazioni per la posa della pietra d’inciampo hanno suscitato nel vescovo monsignor Maurizio Malvestiti un parallelismo con la pietra scartata che è simbolo del Cristo Crocifisso e Risorto: «Poiché essa ha affrontato ogni difficoltà rimanendo fedele all’umanità, alla libertà ed all’amore, è diventata una testata d’angolo». Rivolgendosi ai giovani, il vescovo ha chiesto loro «di essere motivo di inciampo solo per il male». Importante, poi, è non fare delle differenze di cultura o religione motivo di discriminazione: «Nessuno abusi di questo sentire intimo. Facciamo inciampare il male affinché uomini e donne si riconoscano come fratelli e sorelle, con il rispetto per ogni cultura e religione». Il monito ad amare la libertà è stato poi seguito da una benedizione, impartita dallo stesso vescovo. «Questa pietra dovrà essere un inciampo fisico ed emotivo per mantenere viva la memoria di Pietro Santi - ha ricordato il sindaco Andrea Furegato -. La storia di Santi si concentra oggi in una semplice pietra. Ma questa pietra dispone di una grande forza evocativa, poiché celebra chi ha compiuto una scelta estrema. Non potremmo mai smettere di provare per Santi estrema gratitudine».

Un monito espresso anche dal prefetto Enrico Roccatagliata, per cui il ricordo è un «dovere», tanto più se raffrontato alla nostra quotidianità, che ci vede avvolti «nelle agiatezze di un presente frutto di un estremo sacrifico», compiuto da uomini che «sono faro lungo il nostro cammino».

E da sabato, chi inciamperà su quella pietra potrà sorridere, perché potrà leggervi il nome di Pietro Santi, un vero uomo, un vero uomo libero.

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