LODI Piscina Faustina, conti in crisi: ecco da dove arrivano i problemi della Sporting

Le criticità erano già emerse anni fa, quando anche il commissario straordinario era stato chiamato in causa dall’Agenzia delle entrate per chiarire la scelta della partecipata Astem di subentrare nella compagine sociale

La settimana prima di Ferragosto era arrivata la notizia amara, che gettava delle ombre anche sull’unica piscina della città. L’impianto della Faustina, gestito da Sporting Lodi deve fare i conti con previsioni difficili da sostenere per la società: bilanci in perdita di oltre 300mila euro l’anno per i prossimi cinque anni.

Il problema è stato sollevato da un’interrogazione della Lega, che ha chiesto al sindaco di porre l’attenzione sul tema per non vanificare l’importante lavoro che la società ha svolto negli ultimi anni. Ma le difficoltà non sono certo nate ieri e, anzi, obbligano a tornare indietro nel tempo fino alla costruzione del maxi impianto natatorio lodigiano, che ormai compie dieci anni tra debiti e difficoltà di gestione, con tutti i rischi del caso anche per il Comune di Lodi, visto che Sporting Lodi è società partecipata al 50 per cento da Astem, a sua volta per il 99,22 per cento del Comune di Lodi.

La nascita del progetto

Il Comune di Lodi aveva iniziato a pensare alla nuova piscina ai tempi del sindaco Lorenzo Guerini, nel 2007, approvando lo studio di pre-fattibilità puntando sulla procedura del project financing, ovvero con un privato che si facesse carico della costruzione dell’immobile in cambio di un contratto di gestione che consentisse di rientrare dell’investimento e con il Comune come garante.

Il soggetto privato individuato è un’associazione temporanea di scopo tra Iter società cooperativa ed Eurosporting Spa, e il quadro economico dell’opera è di 13 milioni 650mila euro. Nel 2010, le due società costituiscono una società di progetto, la Sporting Lodi asd, che subentra in tutti i rapporti, nel frattempo il Comune delibera la garanzia fidejussoria a favore della Banca Popolare di Lodi (per 13 milioni e 650mila euro): la convenzione prevede che il concessionario (Sporting Lodi) si faccia carico della realizzazione dell’opera, della manutenzione, e che essa rientri nella piena disponibilità dell’ente dopo 35 anni.

Nel 2014, però, la cooperativa romagnola Iter, che detiene la maggioranza di Sporting Lodi, va a gambe all’aria, e così Astem decide di subentrare nelle quote, entrando così a far parte della compagine sociale di Sporting Lodi, con il Comune (proprietario di Astem) che finisce quindi per trovarsi nella scomoda posizione di concessionario e concedente.

Il 30 marzo 2015 viene stipulato l’atto modificativo del contratto di finanziamento: le società Astem e Sport 64 assumono tutte le obbligazioni già facenti capo a Iter, e il Comune di Lodi, nel prendere atto di tutte le modifiche, conferma la fidejussione rilasciata a suo tempo.

Non dimentichiamo che, secondo la convenzione, il Comune ha l’onere di partecipazione alle spese di gestione di 300mila euro annue (al netto dell’Iva, e suscettibile di adeguamento Istat).

I primi dubbi

Agli inizi del 2018, la sezione lombarda della Corte dei conti era stata chiara su questa operazione: «La motivazione della concessione della garanzia - scrive la corte, chiamata ad esprimersi sulla questione - si basa espressamente sul fatto che l’assunzione della garanzia interviene in un’operazione che prevede la realizzazione dell’opera interamente a carico del concessionario, così come le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria. Tale assunto non ha trovato adeguato seguito nei termini preventivati, considerato il successivo intervento della parte pubblica e le relative assunzioni di responsabilità». È proprio l’ingresso della partecipata Astem nella compagine sociale a destare i maggiori dubbi: «Così facendo la parte pubblica si è assunta, rispetto a quello predefinito ex ante, un ulteriore rischio, derivante dalla partecipazione alla compagine sociale. Ciò ha comportato, in primo luogo, il mancato rispetto della ratio degli istituti del project financing e della concessione».

E prosegue, la corte, chiarendo che il project financing «si caratterizza per l’equilibrio economico-finanziario del Pef per l’intera durata della concessione e per l’allocazione dei rischi in capo al concessionario [...]. Ciò in considerazione del fatto che il progetto oggetto della procedura deve essere idoneo a generare dei flussi di cassa che consentano di autofinanziare l’intervento rimborsando il debito contratto per la sua realizzazione e remunerando il capitale di rischio nei termini evidenziati dal piano economico-finanziario».

L’Agenzia delle entrate

Sulla questione, all’epoca, è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate, che aveva chiesto alcuni chiarimenti di natura fiscale, in particolare legati a quei 300mila euro di contributo comunale per la gestione, che secondo l’Agenzia si configura come «un vero e proprio corrispettivo da assoggettare a Iva».

L’Agenzia delle entrate, nel processo verbale di contraddittorio dell’ottobre 2016, richiama alcuni elementi interessanti che, sei anni dopo, tornano di attualità viste le difficoltà che si prospettano per la struttura. Il project financig, evidenzia l’agenzia, «deve essere utilizzato in modo che la contribuzione pubblica sia limitata ad importi non significativi attraverso un’attenta ripartizione dei rischi tra pubblica amministrazione e privati», e sottolinea pone anche il tema della legalità del subentro nelle quote: «l’Autorità Garante Anticorruzione ha ritenuto, che il fatto che una società a capitale pubblico abbia ritenuto di entrare a far parte della compagine della società concessionaria è in contrasto con la procedura di cui agli articoli 2, 3, 142 e 156 del decreto legislativo numero 163 del 2006». «Con l’avvenuta cessione delle quote sociali si è concretizzato in modo evidente sia il mancato allineamento della normativa vigente di cui al decreto legislativo 163 del 2006, che la violazione dei “pacti specialis” stabiliti tra le parti nella Convenzione».

L’Agenzia delle entrate esprime quindi perplessità sulla natura di Sporting Lodi: «Pur trattandosi di una società formalmente privata, nei fatti può considerarsi una società a controllo pubblico, per via delle quote in possesso della Astem Spa. Ciò che stride in modo evidente, al di là del modello societario formalmente privato della Sporting Lodi dopo l’avvenuta cessione delle quote sociali, è il suo carattere ambiguo, ambivalente, tanto da palesare le caratteristiche delle cosiddette “società insincere” o della farisaica adozione del modello societario privato». Secondo l’agenzia, Sporting Lodi si caratterizza in questo modo per l’assenza di rischio d’impresa proprio di una società in house. «L’istituto della concessione è stato degradato fino a farlo trasmodare in un appalto d’opera: Iter e Eurosporting hanno realizzato l’opera e smobilizzano, lasciando l’onere della gestione operativa dell’impianto natatorio al soggetto di fatto pubblico Sporting Lodi, che per il tramite della società Astem, partecipata significativamente dal concedente Comune di Lodi, cui vengono riversati tutti i rischi di gestione e finanziari dell’operazione». Non ci sono illegalità, evidentemente, ma il richiamo al rischio d’impresa, e al brutto vizio di giocare a fare gli imprenditori con i soldi pubblici, sono evidenti.

Il commissario

Chiamato in causa dall’Agenzia delle entrate, il Comune risponde nella persona del commissario straordinario Mariano Savastano, che all’epoca reggeva palazzo Broletto.

Savastano evidenzia la necessità di dare continuità di servizio ai nuotatori lodigiani: «La possibilità che il Comune potesse revocare la concessione e ripetere le procedure di evidenza pubblica per l’individuazione di un nuovo concessionario, di fatto, avrebbe bloccato l’avvio della gestione del complesso natatorio per un tempo indeterminato [...]. È assai facile intuire come la revoca della concessione avrebbe avviato una fase di assai probabili contenziosi da cui si sarebbe usciti solo dopo parecchi anni, durante i quali sarebbe stata praticamente impossibile la normale operatività del complesso natatorio». Insomma, per il bene della città, la piscina doveva rimanere aperta, ma a che costi?

Secondo il commissario, «la bontà della scelta del Comune di Lodi si evince dai risultati operativi della “nuova” gestione»: «Il recupero di efficienza della gestione dopo l’ingresso dei nuovi soci è testimoniato per l’esercizio di settembre 2014-agosto2015 dal contenimento delle perdite riconducibili all’attività ordinaria in un importo del tutto coerente con la fase di start up, nonché da una perdita complessiva di esercizio inferiore alle previsioni del piano finanziario». Questa perdita di esercizio, come affermava lo stesso Savastano, nel periodo indicato si “limitava” a 517mila euro. Ma nella stessa risposta, il commissario parlava di un «progressivo miglioramento dell’andamento gestionale», ulteriormente testimoniato «dal risultato positivo (utile netto di 4000 euro) del bilancio quadrimestrale settembre 2015-dicembre 2015 (predisposto per consentire l’avvio del successivo esercizio da gennaio, uniformando così la durate degli esercizi sociali di Sporting Lodi al criterio della corrispondenza all’anno solare)». Vediamo quindi come si è concretizzato il miglioramento dell’andamento gestionale.

I bilanci

Al 31 dicembre 2016, soltanto due mesi dopo la risposta del commissario Savastano, Sporting Lodi già faceva segnare risultati poco confortanti. Il bilancio si chiudeva con una perdita consolidata di esercizio di 93mila euro, anche se nella nota integrativa si spendevano parole di grande ottimismo: «Il cambio di compagine societaria avvenuto a fine dicembre 2015 ha dato un forte impulso positivo al buon andamento della società - era scritto -. Particolare attenzione è stata data agli aspetti commerciali e di marketing con la creazione di un nuovo logo, l’attribuzione di un nome univoco e ben studiato per l’impianto, la creazione del sito aziendale, della pagina facebook e di tutta una serie di iniziative di comunicazione». E così via. Ci si aspettava un’inversione di rotta, come recitava esplicitamente la nota al bilancio: «Si sta assistendo ad un notevole incremento dei ricavi rispetto agli stessi mesi dell’esercizio precedente». Alla fine dell’anno 2017, si arrivava così a un utile di 8.511 euro.

Nel 2018, l’utile saliva a 9.647 euro e nel 2019 toccava il record di 15.897 euro. La pandemia, ovviamente, ha segnato pesantemente l’attività e il bilancio della società, tant’è che al 31 dicembre 2020 Sporting Lodi tornava in perdita (45.049 euro), utilizzando peraltro la moratoria dei finanziamenti a lungo termine concessa dal Governo. Stessa cosa anche per l’anno successivo, che ha chiuso ancora in perdita per 17.880 euro. Numeri che fanno pensare che, al netto delle difficoltà pandemiche e dei conseguenti problemi finanziari, tra il 2016 e il 2022 Sporting Lodi abbia più o meno galleggiato senza causare particolari preoccupazioni.

Nel frattempo, però, la linea di credito principale è stata rinegoziata (con scadenza al 2047) e con l’amministrazione Casanova la fidejussione si è ridotta (parallelamente al ridursi del debito con la banca), benché l’allora sindaco avesse chiarito più volte: «Questa amministrazione, con l’adozione del presente atto, non presta alcuna acquiescenza agli atti precedentemente approvati» e nel giugno 2019, durante un consiglio comunale, avesse persino proposto una «commissione consiliare d’indagine sul project financing». Proposta rientrata la sera stessa: «È tardi, fa un caldo disumano e questi argomenti sono troppo importanti per decidere di fretta, ne parleremo in commissione Affari generali».

Il bilancio 2022 si chiudeva ancora con un risultato positivo di 19.573 euro: un anno di ripartenza, ma «caratterizzato da un forte incremento dei costi energetici e dei materiali di consumo con particolare riferimento alla chimica per il trattamento delle acque. Ciò ha importo l’adozione di misure di contenimento come, ad esempio, una riduzione delle temperature di utilizzo dell’acqua e dell’aria».

Nel frattempo, stanno per iniziare i lavori di riqualificazione energetica dell’intero complesso, con fondi regionali, che porteranno a un risparmio energetico del 30 per cento. Questo tuttavia non basterà a mantenere i bilanci in pari, poiché i conti, secondo il piano economico finanziario, sono compromessi dall’aumento dei tassi di interesse passivi del finanziamento e dalla variazione del costo del personale conseguente all’introduzione della riforma del lavoro sportivo. Questo porterà, nei prossimi 5 anni, a perdite stimate per 1,8 milioni di euro, con già 390mila euro di perdita di esercizio nel 2023.

© RIPRODUZIONE RISERVATA