LODI «I pazienti non sono macchine e noi non siamo meccanici» IL PODCAST

Al Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore, tra utenti e operatori. Quello di emergenza urgenza è uno dei servizi più nell’occhio del ciclone

Al Pronto soccorso dell’ospedale Maggiore di Lodi, tra utenti e operatori.

Quello di emergenza urgenza è in Italia uno dei servizi più sotto attacco, gli ammalati si lamentano per le attese e perché non si sentono considerati, gli operatori per l’intensità del lavoro, le aggressioni e le aspettative eccessive degli utenti.

Gli Oss, gli infermieri e i medici che abbiamo incontrato però non hanno dubbi: «Pur tra le difficoltà - dicono - questo rimane un lavoro affascinante e lavorare a Lodi è meglio che altrove».

Al Maggiore sono stati introdotti al triage i protocolli a gestione infermieristica, valgono per il dolore toracico senza segni di infarto e altri tipi di dolori e traumi. L’infermiere effettua subito gli esami ematochimici e accorcia le attese. Il modello è flessibile: gli ingressi in pronto soccorso sono due, uno per chi arriva in ambulanza e l’altro per chi accede a piedi.

L’infermiere prende nota del numero di telefono del parente per mandargli vari sms che lo aggiornano costantemente sull’andamento degli esami e del percorso.

Non è più come nel periodo Covid però: un parente può sempre entrare all’interno con l’ammalato e assisterlo nel percorso. Una operatrice di sala gira in pronto soccorso, parla con le persone, chiede se hanno bisogno di qualcosa, cerca di sedare le proteste spiegando ai famigliari degli assistiti qual è il percorso assistenziale in atto.

I codici colore sono passati da 4 a 5 e sono in ordine di gravità, il rosso, l’arancione, l’azzurro, il verde e il bianco.

A seconda degli afflussi, i codici più gravi finiscono in sala A (shock room), quelli intermedi in sala B e i codici minori in C.Ogni sala, a parte quella dei rossi, ha la sua area di attesa. Così, a volte, l’affollamento non si percepisce e le persone non si agitano ulteriormente.

In caso di sovraffollamento, la sala C si trasforma in area boarding per i pazienti che aspettano un letto libero per essere ricoverati e, in quel caso, per i codici minori l’attesa, evidentemente, si allunga.

In Obi (Osservazione breve intensiva),dotata di 8 letti tutti costantemente monitorati giorno e notte, vengono assistiti i pazienti che hanno bisogno di essere stabilizzati prima del ricovero o delle dimissioni. Il medico dell’Obi fa da responsabile di tutto il pronto soccorso e quando i colleghi hanno bisogno di consultarsi per i casi più complicati possono far riferimento a lui.

Quando le barelle sono tutte occupate il medico dell’Obi chiama la direzione sanitaria e successivamente la centrale del 118 perché mandino a Lodi solo le ambulanze con i pazienti che hanno un problema tempo dipendente.

Il pronto soccorso di Lodi ha l’organico quasi completo (manca solo una unità) per quanto riguarda l’equipe infermieristica, sul fronte medico, invece ha 32 unità a fronte di una necessità di 42 persone. A Lodi però, diversamente che altrove, tutti i medici sono specializzati in medicina d’emergenza urgenza.

Il modello di gestione di Lodi è stato preso come esempio per la delibera regionale di riforma dei pronto soccorso, la 787. Rispetto a quel disegno, a Lodi, manca solo, ma è in fase di realizzazione al settimo piano, il reparto di medicina d’emergenza.

Detto in questi termini sembra che tutto fili liscio, ma non è così: sul «Cittadino» dei prossimi giorni e nel nostro podcast cerchiamo di spiegare che la situazione è più complessa di quanto possa sembrare. I maxi afflussi di pazienti in pronto soccorso, 100mila all’anno tra Lodi e Codogno (70mila dei quali a Lodi), creano una situazione di costante affanno, dicono i medici e gli infermieri: sono il segno che il sistema sanitario ha qualcosa che non va.

A fronte di numeri così elevati i medici lavorano in affanno, dedicano poco tempo alla relazione con gli ammalati, le attese si allungano e i pazienti protestano. I letti nei reparti sono sempre occupati e i pazienti in attesa di ricovero in pronto soccorso occupano le barelle che dovrebbero essere dedicate ai nuovi ingressi.

«In tutto questo - è il parere comune, anche a fronte di proteste per dimissioni di ammalati che una volta a casa sono subito peggiorati e deceduti - i pazienti vorrebbero che noi fornissimo risposte certe a problemi complessi. La medicina non è una scienza esatta e deterministica, gli ammalati non sono macchine delle quali si sa tutto e noi non siamo dei meccanici. Cerchiamo di fare del nostro meglio in scienza e coscienza».

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