LODI Giovanni Sali nove anni dopo, la sua morte ha ancora dei punti oscuri

Per la procura fu suicidio, mentre il gip ha avanzato alcuni dubbi sulla ricostruzione dei fatti

«I lodigiani si parlano dietro, sono pettegoli, ma quando ci sono certi argomenti stanno bene zitti»: nove anni fa, alle 17.30 del 3 novembre 2012, Clemente Cornetta è stato l’ultimo (tranne forse il suo assassino, se così è andata) a parlare con il carabiniere di quartiere Giovanni Sali. Da 42 anni volontario dietro il bancone del circolo Arci di via Maddalena, Tino era sul marciapiede a preparare le caldarroste. «Con me c’erano altre due persone - ricorda nel pomeriggio di pioggia, lo stesso grigiore di quel maledetto sabato -. Sali, il carabiniere che conoscevamo bene perché spesso passava in queste vie, ci ha detto di preparargli le castagne calde perché di lì a poco sarebbe tornato a prenderle. È andato via e non l’abbiamo visto più. Ho sentito degli scoppi, lontani, ma non ci ho fatto caso, pensavo a qualche petardo, a una ragazzata». Sali era andato verso via del Tempio e all’altezza del civico 6 due colpi (della sua pistola d’ordinanza secondo le indagini) lo hanno colpito al torace. Un terzo è finito in una serranda in via Indipendenza, e il buco si vede ancora.

Per la procura fu suicidio, per il gip Isabella Ciriaco, che archiviò nel 2017, invece “malgrado l’enorme mole di indagini svolte la triste conclusione cui si giunge è che non si è riusciti a ricostruire in termini di certezza la causa le modalità della morte dell’appuntato Sali -. Si ritiene di dover dissentire dalle conclusioni della procura soprattutto per i termini di assoluta certezza utilizzati... irrealistico appare ipotizzare l’esplosione di un terzo colpo del tutto distante e in direzione opposta agli altri due”. Il decreto di archiviazione arrivò quindi “per essere rimasto ignoto l’autore del fatto”. Sali, 48 anni, a quanto si sa, non lasciò biglietti di addio, i familiari assicurano che a casa, prima di andare al lavoro nella caserma di via San Giacomo, aveva già lasciato la pasta pronta per la cena.

«Non è l’argomento di tutti i giorni ma sulla morte del carabiniere di quartiere ne ho sentite tante», prosegue Cornetta, che appare preparatissimo su tutte le “voci” che si sono inseguite in questi anni ma non si sbilancia assolutamente. «Io credo che tra qualche anno la verità salterà fuori. C’è la leggenda popolare di qualcuno che ha visto tutto dalle finestre ma ha paura a parlare, c’è la storia dell’incontro tra il carabiniere e un suo amico....».

Tra le ipotesi possibili è che ad ammazzare il carabiniere di quartiere, se è stato ammazzato, possano essere stati uno o due delinquenti: «Io non credo che alla Maddalena potessero girare persone così, Lodi è sempre stata una città “dove non succede niente”, di fatto quasi un dormitorio - prosegue Tino -. Mi ricordo che qualche minuto dopo che avevamo salutato Sali sono arrivate delle persone dalla chiesa a dirci che avevano ucciso un carabiniere. Io non ci ho creduto, ho pensato “impossibile”. Forse oggi dopo una cert’ora c’è da aver paura a girare per la strada, è vero. La giustizia ha archiviato, ma resto convinto che forse qualcosa, un domani, potrà ancora saltare fuori». Chi ha visto la montagna di atti dell’indagine confida: «Hanno fatto davvero tanto, ma non appare molto battuta la pista della ricerca di un movente per uccidere Sali».

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