LODI «Bisogna aiutare i popoli a non essere costretti ad emigrare»

Padre Zerai, prete cattolico ed eritreo, candidato al premio Nobel per la pace e poi accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ha parlato alle Fanfani, nell’ambito della giornata mondiale del rifugiato dell’importanza del rispetto dei diritti delle persone che fuggono

A Lodi la lezione di padre Mussie Zerai, prete cattolico ed eritreo, candidato al premio Nobel per la pace nel 2015, poi indagato nel 2021, e successivamente assolto, per istigazione all’immigrazione clandestina.

«Il Mediterraneo è un cimitero a cielo aperto, dove fra le rive europee e quelle africane trovano la morte sempre più innocenti - ha detto incalzato dalle domande del giornalista Paolo Lambruschi di «Avvenire», nell’incontro che si è svolto sabato, nell’oratorio di Santa Francesca Cabrini, alle Fanfani, nell’ambito delle iniziative per la giornata mondiale del rifugiato, promossa a Lodi da Sai, Progetto Insieme, Casa della Comunità, Emporio Solidale, Famiglia Nuova, Eureka, Acsi.

«Manca la volontà politica - ha detto - di dotare il Mediterraneo di un adeguato sistema di ricerca e soccorso».

Nell’incontro serale sono intervenuti il parroco monsignor Franco Anelli e l’assessore comunale Simonetta Pozzoli.

Padre Mussie Zerai, per tutti don Mosè, è un prete cattolico dal 19 giugno 2010, da sempre attivo per salvare i migranti nel Mediterraneo. Nel 2015 don Zerai è stato nominato per il Nobel per la pace. Il sacerdote era fuggito in Italia all’età di 16 anni, dove chiese asilo politico ed ottenne un permesso di soggiorno. È nel 2017 che venne indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito dell’inchiesta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Nel 2021 la procura chiese l’archiviazione dell’accusa. Don Zerai ha scritto anche un libro con Giuseppe Carrisi, che parla della sua vita. Le sue parole nell’incontro di sabato hanno suscitato momenti di commozione nei presenti.

Sul «Cittadino» in edicola oggi l’articolo di Federico Dovera

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