LODI Appello di una mamma ai presidi: «Aiutate i giovani a capire l’autismo» VIDEO

Ketty Tommaso: «Prima del 2020 gli operatori entravano a scuola a parlare con gli studenti di questo “modo diverso di funzionare”, si teme solo ciò che non si conosce: i nostri figli non hanno amici per uscire la sera»

Lei si chiama Ketty Tommaso, nella vita, oltre che operatrice socio sanitaria all’ospedale di Lodi, fa la mamma. Suo figlio si chiama Diego, ha 19 anni, e ha un “funzionamento” autistico. «In realtà le differenze con un ragazzo “normale” - dice la mamma - sono poche. Diego ha seguito un percorso all’Uonpia di Lodi con operatrici bravissime, poi quando alla Danelli è partito il progetto “Skills for life”, competenze per la vita, è stato trasferito di là, nel centro dell’Albarola. In questi anni qui alla Danelli, Diego ha fatto dei progressi enormi, ma a mancare sono gli amici per uscire la sera».

Autismo, appello di una mamma ai presidi: «Aiutateci, i ragazzi restano soli». Video di Cristina Vercellone

Mamma Ketty e papà Sergio Blanchetti sono preoccupati. «Vorrei lanciare un appello ai presidi - dice la donna -. Prima del Covid il direttore della Danelli Francesco Chiodaroli, l’operatrice che segue Diego Sara Pagani e gli altri operatori potevano entrare nelle scuole a spiegare ai coetanei di mio figlio cos’è l’autismo. Dicevano che l’autismo è solo un modo diverso di funzionare, che i ragazzi non devono aver paura. È importante che i giovani sappiano cos’è, perché si teme solo ciò che non si conosce. Il progetto funzionava, poi è arrivato il Covid ed è stato interrotto. Adesso i presidi non danno più la possibilità di fare questa cosa, ma è importante. Chiedo ai dirigenti di mettersi una mano sul cuore. I ragazzi hanno bisogno di sapere».

Diego è stanco, a questa età, di uscire con i suoi genitori: «Perché devo venire ancora con voi? Non ha senso - dice -, io voglio uscire con i miei amici, perché non mi invitano? Mio figlio, a volte, va a mangiare la pizza da solo». Una volta ha chiesto al suo amico Stefano di accompagnarlo in discoteca, per il giorno del suo compleanno: “Voglio vedere come reagisco - ha detto -, le mie amiche non mi vogliono portare perché dicono che ho paura, così voglio provare”. Diego in discoteca è andato quel giorno, si è divertito e ha ballato. «La musica per lui non è un problema - racconta la mamma -, lo sono i rumori improvvisi. I botti, per esempio, lo disturbano. Il nostro capodanno è così: lui chiuso in camera con le cuffie e la musica a tutto volume per non sentire i botti, io e mio marito di là che festeggiamo, in maniera blanda. Dico sempre a Diego che studia al Bassi, all’indirizzo turistico: “Come fai a fare il cameriere se hai paura del rumore che fa la bottiglia di spumante quando si apre?”. “Hai ragione mamma”, dice lui, con il suo vocione».

Nei giorni scorsi, Diego ha persino fatto da guida con i suoi compagni del gruppo di “Skills for life” alla mostra della fondazione Maria Cosway, poi durante un evento dedicato alla giornata sull’autismo è salito sul palcoscenico e ha spiegato a tutti cosa vuol dire essere autistici: «Mio figlio - racconta la donna - fa cose che non mi sarei mai aspettata da lui. In questi giorni, poi, mi ha detto che vuole iscriversi all’università e fare scienze della comunicazione. “Guarda Diego - gli ho detto -, con me sfondi un portone, non una porta”. Io cerco di far sì che tutti i suoi desideri siano esauditi. Chi siamo noi per impedire a un ragazzo con autismo di studiare? Loro hanno una testa che noi non possiamo nemmeno immaginare». L’unica cosa che manca - ribadisce la donna - sono proprio gli amici. Noi genitori non siamo eterni. Questi ragazzi vanno solo conosciuti e ascoltati. Hanno bisogno d’integrazione».

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