LODI Alino Chini, professore di filosofia, se n’è andato a 72 anni

«Era un pensatore brillante, un cristiano e un filosofo vero, schivo, ironico, i suoi voti andavano dal 6 al 7 e chi studiava filosofia lo faceva per passione»

Lodi ha perso il professore di filosofia Alino Chini: aveva 72 anni, era molto apprezzato per la sua intelligenza, e se n’è andato in casa di riposo, colpito proprio da una malattia neurodegenerativa, una sorta di demenza senile.

In questi giorni l’hanno ricordato con affetto e increduli gli amici come Grazia Bonomi, la preside e i professori del Gandini, la scuola nella quale insegnava.

«È stato un vero filosofo», dicono la preside del Gandini Giusy Moroni e i suoi docenti

«Il Prof. Chini - dicono questi ultimi - è stato un vero filosofo. Uno di quelli che non interrompono mai la ricerca per profonderla, poi, ai propri allievi. Ma Alino è stato parimenti un vero credente. Uno di quelli sinceramente ancorati alla Parola, sempre con grande sensibilità, immancabilmente con vivace intelligenza, indubitabilmente con cristallina apertura critica, tanto nell’esegesi quanto nella pratica quotidiana sociale e di comunità. Per Lui il non basarsi, coerentemente e totalmente, sulla “Buona Novella” equivaleva a vanificare l’esser cristiani; così come il complicare i “paradigmi di visione del mondo”, anziché chiarirli educativamente, significava abdicare dal proprio ruolo di docente.

L’essere un “Funzionario dell’umanità” - husserliana definizione per indicare i filosofi contemporanei - si attagliava perfettamente ad Alino Chini, soprattutto ricordando ora le acutissime critiche che egli, per primo, muoveva a questo pensatore. Poi l’ironia! Nel vero senso del termine, era il segno distintivo del nostro collega… del nostro amico.

Mille sarebbero gli esempi, ma il più adatto e dissacrante, adesso, pare risultare il suo scherzoso lagnarsi biografico-statistico sulla maggior longevità dei pensatori atei rispetto a quelli credenti.

Si lagnava della maggior longevità statistica dei pensatori atei rispetto a quella dei credenti

Per chi ha avuto il privilegio di conoscere il Professore e di lavorare con lui, qualsiasi parola sembra realmente inconsistente e superflua. Per chi ha mancato il piacere di incontrarlo basti dire che, con la sua scomparsa, abbiamo perso un riferimento importante. Riconosciuto e considerato da tutti i colleghi, soprattutto per l’anti-convenzionalità del suo sguardo sul mondo. Da decano esperto sapeva suggerire generosamente quelle “dritte”, preziose e indispensabili, ai “professori neofiti” quando il suo sorriso aperto scioglieva le nebbie apparenti di un certo aristocratico distacco. Rispettato ed amato da ogni studente, certo per la sua autorevolezza, ma innanzitutto per la viva ironia e per lo spirito affettuoso che sempre lo distinguevano.

Collaborava alla formazione del pensiero critico nei suoi studenti

La notevole personalità di un individuo raro insomma. Un intellettuale serio e onesto, un uomo di cultura, un educatore di indiscutibile caratura. Una figura la cui levatura non può essere offuscata nemmeno dall’insidiosa malattia che, nell’ultima stagione della vita, aveva colpito proprio quella “ricca miniera intellettuale” che era la sua lucida mente. I nostri licei, in un futuro prossimo, tributeranno l’equo e giusto riconoscimento all’uomo e al docente che, per molti anni, ha dedicato il proprio riconosciuto genio ed il proprio insostituibile impegno nell’Istituzione Scolastica vocata all’istruzione critica dei nostri giovani e alla preparazione necessaria ad affrontare al meglio il futuro».

Antonella Premoli, oggi anestesista, era stata una sua allieva alle magistrali

«Di lui - commenta Antonella Premoli, anestesista di Lodi - conservo il ricordo come allieva delle magistrali, quando, pur alle prime armi nella sua docenza, aveva ben chiaro come guidarci nei sentieri della filosofia.

Con lui non si faceva storia della filosofia, come avevamo fatto con altri docenti, ma si faceva filosofia davvero, per quel che poteva essere filosofia, con ragazze così “mal in arnese” su quegli ardui sentieri!

«Per insegnarci la filosofia partiva da quello che pensavamo noi sul diritto, piuttosto che sulla giustizia e sull’amore, e poi diceva: “Tu la pensi come Cartesio”, “Tu come Kant”...»

Ci faceva ragionare sulla bellezza, sulla musica, sul bene, sulla giustizia, sul dolore sull’amore, e, un po’ come Socrate, cercava di far “partorire”, quelle menti ….teen-ager!

Si può immaginare la fatica e la pazienza che la cosa comportava. Alino riusciva però ad essere brillante e leggero; ricordo lezioni spassose; per essere lezioni di filosofia erano….a tratti anche esilaranti e intense. Ringrazio il Signore di avermi posto sulla strada un così bravo maestro perché, più di tutto, Alino è stato un maestro di vita, col suo rigore intellettuale e con il suo stile di vita. Quanto, a quel tempo e con affetto, lo deridevamo per essere fuori moda e quanto in realtà, mi rendo conto adesso, in realtà, il vero anticonformista fosse lui.

I voti erano 7 per chi andava bene e 6 per chi non andava bene. A noi arriviste questo metodo non piaceva...ma così chi studiava filosofia lo faceva per passione, non certo per il voto

Non è inutile il lavoro che ha fatto, tutt’altro…ha saputo vivere e testimoniare uno dei possibili modi di essere padre, un padre di pensiero, e di questo non posso che essere grata.

Con lui ho preparato la mia tesina di maturità sul testo di Soren Kierkegaard:”Timore e tremore”, incentrato sulla figura di Abramo, e davvero mi ha aperto un mondo, un abisso di profondità.

Senza ombra di dubbio posso dire che anche in noi, piccole teste di rapa, è riuscito a lasciare la sua impronta! Le votazioni a scuola erano 7 per chi andava bene e 6 per chi non andava bene, un po’ il modello 68 che a noi arriviste non piaceva; di sicuro chi studiava filosofia non lo faceva per il voto, ma perché era appassionato.

Alino, purtroppo, era molto schivo, organizzava, promuoveva, ma poi stava sempre nelle retrovie, non saliva mai sul palco». Avrebbero potuto apprezzare in tanti quanto fosse un uomo brillante».

Con Grazia Bonomi, un’amicizia di lunga data nata all’ombra dell’attività parrocchiale con don Luigi Fioretti

«Io avevo 16 anni - racconta l’amica ed ex collega Grazia Bonomi -, lui 13. Abbiamo incominciato a frequentarci con don Luigi Fioretti, a San Lorenzo, poi è venuta l’attività nel Gruppo della parrocchia e non ci siamo lasciati più. Aveva una mente acuta, era uno di quelli che usano l’ironia, nel senso letterale del termine. Non era mai negli schemi, era sempre molto personale rispetto al modo di vedere la realtà, non era un convenzionale; sembrava una persona rigida, sempre sulle sue, ma quando si apriva il sorriso - continua - era tutta un’altra cosa; anche gli studenti se lo ricordano come una persona viva, ironica, spiritosa, un po’ imprevedibile per le cose che diceva; nell’amicizia si dava tutto».

Al funerale, celebrato il 26 luglio, in San Lorenzo, da don Franco Anelli, don Roberto Vignolo, don Domenico Arioli, don Gigi Gatti e don Ermanno Livraghi, erano presenti tanti amici, ex alunni e colleghi, tante persone che lo ricordavano in tutti gli ambienti diversi che aveva frequentato. Chini, infatti, era una persona che lasciava sempre un segno del suo passaggio.

«Se non ci si basa sulla Parola di Dio - diceva - è inutile essere cristiani»

«Alino - aggiunge Grazia Bonomi - ha lavorato molto sulla Bibbia, è stata la cifra del nostro essere cristiani, sulla spinta di don Luigi. Fioretti, infatti, ha sempre detto che se non ci si basa sulla parola di Dio è inutile essere cristiani. Oltre alla riflessione sulla Parola c’era tutta la parte sociale, la catechesi, la vita in comunità, i campi scuola, le lezioni alla scuola di teologia. Don Fioretti però è stato il suo punto fermo, il suo secondo padre».

Mariconti: «Era un grande educatore»

«Chini - si accoda il professor Ivano Mariconti - era un grande educatore, molto apprezzato per la sua intelligenza e la sua passione per la teologia».

Era schivo, ma sapeva anche essere affettuoso con gli amici, il suo sorriso si apriva quando li incontrava, da lontano

Ed era anche «affettuosissimo - aggiunge Bonomi -; abitavamo vicini, lui sul passeggio, al 21, io davanti al Calicantus. Quando ci incrociavamo, da lontano incominciavo a vedere il suo sorriso, poi ci toglievamo gli occhiali per scambiarci i baci, altrimenti gli occhiali incontrandosi facevano “tic toc”. Era riservato, ma molto affettuoso con gli amici. Non dimenticava mai qualcosa che sapeva essere importante per noi».

Sul «Cittadino» in edicola oggi 1 agosto 2023 la bella lettera della preside e degli studenti del liceo scientifico Gandini

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