Lodi, affreschi addio: al cimitero tempo e incuria cancellano l’arte

il viaggio con Tino Gipponi al Maggiore

Divorati dal tempo e dall’indifferenza dei proprietari. E, come se non bastasse, quasi evaporati nella sporcizia. Ci sono affreschi, al cimitero Maggiore di Lodi, ormai scomparsi: non più volti di angeli e madonne, ma solo muri scrostati. Altri stanno sbiadendo in una nebbia di colori indefiniti. Prova amarezza Tino Gipponi, critico d’arte e scrittore, nell’alzare lo sguardo e costatare che il più bell’affresco del cimitero “Ossa Humiliata” di Luigi Morgari, grande affreschista piemontese, è svanito: «È triste vedere questa consunzione», commenta il Cicerone di questa Spoon river artistica.

Affreschi addio

All’ingresso del camposanto - in stile lombardo romanico, con mattoni a vista, progettato dall’architetto Carlo Formenti di Milano sui terreni dell’ex cascina Vittoria e costruito dai Magistri Comacini - ci siamo subito incamminati lungo la navata di destra. Il viaggio inizia non appena superata la targa commemorativa dedicata a Egisto Riboni, il sindaco che fece costruire il cimitero Maggiore, inaugurato nel 1891. Non senza prima notare il cancello d’ingresso in ferro battuto, non di Mazzucotelli come ritenuto, ma su suo disegno realizzato dall’officina Defendente Oriani di Milano.

Passo dopo passo ci s’imbatte nell’affresco del cremasco Angelo Bacchetta, avviato a completa rovina. Ancora in buono stato di conservazione, invece, l’opera del 1911 del superbo affreschista Osvaldo Bignami, soprattutto quelli della tomba Minoia-Canevari. Più avanti, importante è l’affresco della famiglia Passerini del 1917, restaurato qualche anno fa. Proseguendo tra le lapidi, in alto una mezzaluna decorata porta il nome di Quarenghi, pittore bergamasco, ma tutto intorno, a destra e a sinistra, le altre mezzelune sono diventate fumo bianco, compresa quella di Spelta.

Le grandi opere

Tra il bassorilievo in marmo del 1904 di Ettore Archinti (tomba Rozza-Dedè) e il busto di Eugenio Castellotti forgiato da Gianni Vigorelli, si raggiunge la figurinetta slanciata in bronzo del piacentino Enrico Astorri, scultore anche in Vaticano, che fa parte della tomba Ceresa-Zalli.

Di Gianni Vigorelli il bassorilievo della tomba Bredi, “Il sogno di Giacobbe”, mentre quella che è ritenuta l’opera scultoria più importante del cimitero rappresenta “la caduta di Cristo” della tomba Crosignani, «di grande modernità plastica».

Le curiosità

All’inizio del viale, gli occhi dello storico Cesare Vignati, nell’erma di Primo Giudici del 1901, guardano poco lontano: «Il detto popolare - racconta lo scrittore - dice che stia parlando con la donna della tomba sul lato opposto, che tiene le mani incrociate sulle ginocchia».

Sempre sul viale principale si possono osservare le sculture in bronzo di Ettore Archinti, tra cui il Cristo in Croce, «a dimostrazione che nelle opere grandi Archinti perde la poesia del suo bozzettismo di luce, mentre più avanti (tomba Camagni) il Cristo in pietà del 1930 è un risultato migliore».n

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