Lodi 2012, la fuga dei negozi

Affitti da “guerre stellari”. Elevati, spesso eccessivi, perché con i tempi che corrono 30 o 40mila euro all’anno rischiano di mettere la parola fine a un’attività. Ecco qual è il problema del commercio all’ombra del duomo. O meglio, uno dei problemi, forse quello più rilevante. La conferma arriva da un professionista del settore , Giuseppe Paina dell’agenzia Franciacorta94: «A Lodi ci sono pochi proprietari di immobili e canoni d’affitto per negozi e spazi commerciali molto alti - afferma -. Questo naturalmente penalizza qualsiasi insediamento e penalizza il subentro di altri esercenti. Se in passato quando si liberava un negozio c’era la fila per occuparlo, adesso non è più così».

Tutto ruota attorno a tre vie: corso Roma, corso Vittorio Emanuele e corso Umberto, ma solo per un breve tratto. Strade di commercio, sì, ma con canoni molto diversi. Se un negozietto di 30-40 metri quadrati in corso Vittorio Emanuele richiede una spesa di 12mila euro all’anno, in corso Roma si arriva a 25mila. Un problema che riguarda anche i titolari di attività all’interno dei centri commerciali, dove le cifre superano di gran lunga i 40mila euro all’anno e dove i negozianti spesso meditano la fuga.

Tra coloro che arrivano e coloro che se ne vanno, bisogna considerare un altro aspetto che con l’affitto non ha nulla a che fare: nel momento in cui un commerciante decide di fare le valigie per lasciare i locali a un collega, preferisce “vendere cara la pelle”. Così, subentrare e accaparrarsi una licenza può essere un’operazione estremamente costosa.

Sephora e Mango, due marchi famosissimi, faranno presto la loro comparsa in corso Roma, ma c’è chi si chiede se non sia troppo tardi per risollevare la sorte degli affari. Allo stesso tempo c’è chi si domanda come mai gli altri angoli del centro, da via Ottone Morena a via Cavour o via Solferino, sembrino passare sempre in secondo piano.

Meglio non parlare delle transazioni industriali, perché in questo caso il mercato non è mai esistito: «Con i capannoni e le grandi strutture si è sempre fatto poco - dice Paina -, l’unica eccezione è il polo di San Grato (dove molti capannoni aspettano da anni un acquirente, ndr) che rappresenta una fotografia di tutto il territorio». Eppure, archiviare la faccenda come una conseguenza della crisi o come una questione di prezzi eccessivi applicati dai proprietari sarebbe sbagliato. Se ne rende conto lo stesso Paina, il quale sottolinea i retaggi del passato e il fatto che con il tempo il capoluogo abbia perso il suo fascino, commerciale e non. Sul piatto, da sempre, tantissimi interrogativi e dubbi mai risolti, capaci di suscitare aspre polemiche e confronti più o meno azzeccati con la vicina Crema: non bastano i parcheggi? O sono forse gli eventi culturali? La colpa è delle istituzioni o quello di chi gestisce locali? È la storia di Lodi o forse la mentalità dei suoi abitanti?

Il rischio per la città del Barbarossa? Secondo alcuni lodigiani, più passa il tempo e più potrebbe trasformarsi in una piazza “decadente”: poca gente, pochi locali, poca “verve”. «Quello che Lodi ha perso per strada - commenta Paina -, non può più recuperarlo. Credo debba decidere che tipo di città vuole essere».

Affitti alle stelle. Elevati, spesso eccessivi, perché con i tempi che corrono 40mila euro all’anno rischiano di mettere la parola fine a un’attività. È solo uno dei problemi del commercio in centro a Lodi. Lo confermano gli operatori del settore: «A Lodi ci sono pochi proprietari e canoni molto alti».

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