Lo sfogo di Fontana: «Alla Procura di Lodi mancano risorse»

«La procura della Repubblica di Lodi potrebbe fare molto e lavorare bene, se solo venissero assegnate risorse adeguate»: a chiusura dei suoi sette mesi alla guida della magistratura inquirente di Lodi, come procuratore capo facente funzioni, Gian Luigi Fontana, brianzolo nato 65 anni fa a Udine, sostituto procuratore generale di Corte d’appello a Milano, si associa al suo predecessore Giovanni Pescarzoli nell’invocare un maggior sostegno delle istituzioni alla procura lodigiana. Ma rivela anche che il territorio che aveva scoperto da turista fuori porta qualche anno prima, ammirando il tempio civico dell’Incoronata, gli ha riservato qualche sorpresa.

Dottore, alla luce dei suoi 34 anni in cui si è occupato di indagini in Lombardia, c’è qualche aspetto delle vicende lodigiane che l’ha colpita?

«Non posso dare giudizi, ma mi è parso elevato il numero di persone sotto accusa che vengono dichiarate incapaci e anche socialmente pericolose. Ad esempio quando ho fatto procura a Busto Arsizio mi sembravano casi molto più rari. Ho poi colto un certo campanilismo, che ritengo altrove sia scomparso da anni: non parliamo di Milano, ma ad esempio in Brianza non ho mai percepito “gelosie” tra un paese e l’altro».

In questi mesi la procura di Lodi ha avuto tanti contatti con la direzione distrettuale antimafia, forse più che in passato: questo l’ha sorpresa?

«Ricordo che trent’anni fa, quando il pm Spataro si era occupato della ’ndrangheta nel Varesotto, l’operazione fu chiamata “isola felice” perché quel territorio, sotto il profilo della criminalità, era considerato tale. Del resto, basta passare in Autosole e guardarsi attorno per vedere cosa sono i territori e, per un magistrato, immaginare quali possano essere le relative problematiche. Si passa dalla città alle fabbriche e ai campi dove, purtroppo, si può trovare anche qualche cadavere a pezzi».

Parliamo degli incendi sospetti ad aziende del ciclo dei rifiuti: da fonti autorevoli in questi giorni è trapelato che le vittime “lodigiane” farebbero fatica a parlare. Se davvero è così, come se lo spiega?

«Io non ritengo che il Lodigiano sia un territorio più omertoso rispetto al resto d’Italia. Riflettendo in generale, e senza che mi possa riferire a Lodi, se le vittime non parlano, il mio parere è che lo facciano quasi sempre per paura. Non credo invece che si sia connivenza, che si voglia in qualche modo proteggere il fenomeno criminale perché le organizzazioni sono un modo di fare affari. Francamente, non ho mai visto inchieste sul crimine organizzato fare grossi passi avanti grazie alle parole delle vittime: i risultati in questo campo si ottengono soprattutto con gli accertamenti tecnici».

C’è sicuramente qualche caso che l’ha colpita.

«Gli episodi di concussione, vicende di droga, di bancarotta, un’enorme frode fiscale. Ma anche il delitto di Orio Litta. Per il quale confermo che non abbiamo finora né il nome della vittima né le cause del decesso. Mi è spiaciuto di questa vicenda che il mio appello a “Chi l’ha visto” sia andato in onda in chiusura di puntata, a ora tarda: era stato fatto esclusivamente per sollecitare la segnalazione di persone scomparse, che avrebbe potuto essere utile per le indagini. Una bella occasione sprecata».

Torniamo all’ufficio che lei ha diretto, con una prima applicazione nell’agosto scorso, coincisa con un omicidio, e poi le proroghe fino a oggi. Cosa manca?

«Oltre a tre magistrati su sei, il toner per stampanti e fotocopiatrici, le biro, le matite. La procura di Lodi ha un’auto di servizio che è ferma da anni perché siamo senza autista. Ogni tanto qualcuno la accende e la sposta nel parcheggio perché altrimenti si ovalizzano le gomme. È un veicolo che serve per portare gli atti a Milano, alle sedi del giudice di pace, per raggiungere i luoghi dei delitti, per garantire spostamenti sicuri. Non è un “benefit”. Dobbiamo così usare mezzi della procura generale di Milano, o della polizia giudiziaria, che, all’interno della procura ma anche presso polizia, carabinieri e guardia di finanza, a Lodi è di ottimo livello. Io ho già sollecitato più volte una maggiore attenzione, quantomeno l’assegnazione di pm, ma il problema è che gli inquirenti sono pochi in tutta Italia».

Il dottor Fontana già dalle prossime settimane sarà impegnato a celebrare processi in Corte d’appello a Milano e la procura di Lodi sarà guidata per anzianità dal sostituto Delia Anibaldi. La procura generale potrebbe applicare un sostituto, e in questa eventualità ci sarebbe la disponibilità a Milano del pm Carlo Nocerino, applicare un sostituto procuratore generale, e lo stesso Fontana non si opporrebbe a un ritorno a Lodi. In attesa della nomina del nuovo procuratore capo da parte del Csm. «Lodi, comunque, un po’ di mancherà», saluta il procuratore.

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