L’INTERVISTA / Il ministro dell’Istruzione Valditara al «Cittadino»: «Caso Pioltello: abbiamo fatto rispettare la legalità»

Lunedì sera arriverà a Lodi per presentare il suo libro “La scuola dei talenti”

Da merito e talenti dei ragazzi - «il merito per me è tirare fuori il meglio che ogni giovane ha in sé» - al lavoro da fare per una vera integrazione, «e per evitare le classi ghetto». E ancora per la lotta al bullismo e alla violenza nelle scuole, spesso in trincea e teatri di episodi al limite, lavorando sì sulla valorizzazione dei talenti, ma «anche sulla responsabilità e la sanzione». Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara a disposizione dei microfoni de Il Cittadino, alla vigilia dell’evento di Lodi Liberale che lo porterà a Lodi, lunedì sera, alle 21 in Sala Rivolta, insieme a Roberto Ricci, la dirigente scolastica del liceo Gandini-Verri Giusy Moroni e il direttore de Il Cittadino Lorenzo Rinaldi. Una serata che sarà anche il momento per presentare il libro firmato dal ministro Valditara, “La scuola dei talenti” (Piemme).

Partirei da qui ministro, da merito e talento dei ragazzi: che ruolo può giocare la scuola per valorizzarli?

«Un ruolo fondamentale tanto è vero che noi abbiamo avviato la figura del “docente tutor” e del “docente orientatore”, che servono innanzitutto per individuare i talenti di ogni giovane, valorizzarli e orientare anche il loro percorso futuro verso quelle scelte più coerenti con le loro potenzialità. Il merito per me è tirare fuori il meglio che ogni giovane ha in sé con impegno e noi dobbiamo valorizzare queste potenzialità, questi talenti che i giovani posseggono e nel contempo valorizzare il loro impegno. Sono talenti diversi (per questo abbiamo investito molto anche sull’istruzione tecnica-professionale), che corrispondono a tante intelligenze diverse, ognuna di pari dignità. Dobbiamo dunque trasformare l’istruzione tecnica-professionale in un percorso di serie A come con la riforma del 4+2 abbiamo iniziato a fare».

Va in questa direzione di valorizzare il merito anche la reintroduzione dei voti alle scuole primarie, una delle novità appena introdotte?

«Sì, sono giudizi sintetici: ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente. La valutazione è un momento fondamentale perché il giovane deve anche prendere coscienza dei livelli di apprendimento a cui è arrivato, mentre invece prima i criteri che venivano utilizzati erano incomprensibili alle famiglie e agli stessi bimbi. Non significa affatto eliminare la valutazione analitica, che rimane, sarà semplificata e migliorata e serve proprio per costruire il percorso del ragazzo nel corso dei vari anni di studio».

Sarà tempo a breve di prove Invalsi per tanti: è uno strumento che funziona o deve essere rinnovato?

«L’Invalsi va sempre più perfezionato: è uno strumento fondamentale per poter avere una visione della scuola italiana e poter programmare gli interventi. Agenda Sud, ma anche la prossima Agenda Nord che abbiamo in cantiere, non sarebbero possibili senza le valutazioni di Invalsi. Ovviamente tutto è migliorabile, ma ci sono ormai dei criteri internazionali che vengono seguiti in tutti i Paesi Ocse».

Nella nostra realtà come in tante altre del Nord Italia sono tante le scuole che hanno una percentuale molta alta di alunni stranieri, a volte con arrivi nel corso dell’anno. Che lavoro state facendo sul tema?

«Bisogna potenziare innanzitutto lo studio dell’italiano e della matematica: la dispersione scolastica dei ragazzi stranieri è superiore al 30 per cento contro il 9,8 di quella dei ragazzi italiani e le competenze in italiano sono del 22 per cento inferiori rispetto a quelle dei ragazzi italiani, significa un anno in meno di competenze tra ragazzi nella stessa classe. Nelle scuole delle periferie delle grandi città del Nord si iniziano a registrare tassi di dispersione scolastica persino superiori a quelle registrate nelle zone critiche del Mezzogiorno di Italia: questo significa che dobbiamo intervenire con un potenziamento dell’insegnamento dell’italiano e della matematica per gli alunni stranieri e dobbiamo far sì che non ci sia una concentrazione troppo elevata di studenti stranieri che non conoscono la lingua italiana nella stessa classe. E questo perché se una classe è composta in maggioranza da studenti che non hanno i rudimenti minimi della lingua, gli insegnanti faranno una fatica improba, gli studenti immigrati non sono facilitati a imparare e i pochi italiani in quelle classi rischiano di avere un gap formativo. Sono allo studio una serie di misure, vogliamo seguire le migliori esperienze straniere. Certo il problema è reale, tanto è vero che sia il ministro Berlinguer sia la ministra Gelmini avevamo disposto tetti per favorire l’integrazione e per evitare la classi ghetto. Noi stiamo ragionando per realizzare in modo equilibrato una equa distribuzione nelle classi e nelle scuole dei ragazzi stranieri che non conoscono la lingua italiana, nell’interesse loro e degli stessi ragazzi italiani».

È soddisfatto di come si è chiusa la vicenda Pioltello?

«Siamo intervenuti per far rispettare la legalità, perché il provvedimento non era motivato e perché i giorni di vacanza erano quattro anziché tre, come invece prevede Regione Lombardia: la scuola ha ora corretto il provvedimento. Io sono del parere però che l’integrazione si faccia tenendo aperte le scuole e non chiudendole. La decisione è stata per me sbagliata».

Ministro, spesso la scuola è anche in trincea su aspetti come il bullismo e la violenza: come si interviene?

«Il disegno di legge che ho portato in consiglio dei ministri e che sta per essere approvato in Senato va in questa direzione con il voto in condotta che conterà di più, le sanzioni riparatorie a carico dei genitori che aggrediscano un docente, le attività di cittadinanza solidale per i violenti e i bulli. Accanto alla valorizzazione delle abilità, con gli interventi preventivi del docente tutor che contribuisce a personalizzare la formazione, ci deve essere, quando necessario, anche la sanzione con l’affermazione del principio di responsabilità».

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