L’hockey piange Bertoletti

Addio, ma troppo presto. Perché aveva solo 48 anni, Gian Paolo Bertoletti, per morire così, stroncato da un malessere fulminante, lui che fino a ieri sorrideva a tutti, e a tanti. Ma il Lodigiano “terra dei tumori” non lascia scampo, né fa sconti a nessuno, anzi; Gian Paolo il suo conto lo paga in anticipo, una manciata di giorni prima di quella diagnosi infame, in un Natale spietato, lasciando assieme a moglie, figlio e familiari un altro grande e prematuro vuoto. E a riempirlo ci provano in molti, nella chiesa di San Bernardo, gremita entro e fuori ogni ordine posto; e a “Tato”, da lassù, sarà forse sembrato di vedere il “suo” palazzetto, lui che imbianchino, tra i colori del cuore, aveva quelli arcobaleno della famiglia e il giallorosso dell’Amatori Lodi di hockey. Ciao Gian Paolo, allora, anche su Facebook e anche da Viareggio, dove un suo ex beniamino, Alessandro Bertolucci, lo onora con affetto e tristezza. Sorride con in braccio la Coppa Italia appena vinta dai suoi idoli, Bertoletti, nella foto sulla bacheca del social network dove tanti altri, colleghi e amici, lo salutano. E assieme a loro, ai parenti, a Nicholas che gli dedica una splendida poesia, nell’ultimo saluto alla parrocchiale ci sono anche i paladini che Bertoletti sosteneva ancora oggi, amico di sempre, e per sempre. «C’è da dirne solo bene, era sempre scherzoso e sorridente, abbiamo perso un amico e un grande tifoso», sospirano i fratelli Giuditta, Ivano e Carmine. Ci sono anche i dirigenti, per l’Amatori, come Raoul Frugoni e Alessandro Folli; e giocatori come Marco Motaran e Gigio Bresciani, testimone il secondo di un’amicizia lunga quasi vent’anni, omaggiata con il volto scavato dal dolore, una maglia giallorossa e una sciarpa commemorativa regalata alla famiglia: «È quella della vittoria in Coppa Italia, ci eravamo abbracciati in mezzo alla pista - ricorda come incredulo il campione toscano -. Con lui e la sua famiglia ho sempre avuto un ottimo rapporto: quando arrivai la prima volta avevo 20 anni, mi ospitarono come un figlio e non l’ho dimenticato. Spero di dedicargli un trofeo, sicuramente il prossimo gol: e sono sicuro che saranno forti, e non resteranno soli». Più antico ancora il ricordo di Bruno, un pezzo di storia del tifo giallorosso e, dunque, di “Tato”: «Era arrivato da Castiglione, sarà quasi 30 anni che vedevamo le partite assieme. Stava sempre un po’ sotto di me e a ogni intervallo ci incontravamo per chiacchierare. Era “matto” per l’Amatori, uno di noi, sanguigno come me: lo ricordo con molto, molto affetto». La parrocchiale quasi esplode per coloro che l’affollano: «Quante mura ha dipinto, e persone ha conosciuto: e la vostra presenza qui è la testimonianza di questa amicizia», riflette don Peppino Bertoglio; e basta guardarsi attorno, con tanti giovani e tanti anziani, per accorgersi della straordinarietà di una vita, sempre speciale, anche quando è “normale” come in fondo era quella di Gian Paolo Bertoletti. «Un fratello acquisito», dice il cognato Roberto, che assieme alla famiglia ringrazia tutti, giocatori, dirigenza e ultras dell’Amatori in testa, sfilati affettuosi lontani dai riflettori, da chi ne aveva più bisogno, perché il tifo è anche amicizia, lacrime e abbracci veri. Addio Gian Paolo allora, anzi ciao: lassù come una stella, sì, ma ancora qua, cucito sul cuore, come uno scudetto.

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