Le rubano le foto del neonato

Le rubano le foto del giorno più bello della sua vita. Erano quelle di Diego, il suo bambino appena nato. Le aveva scattate il marito in sala parto. È bastato un attimo di distrazione, l’euforia del momento e la macchina fotografica non c’era più. Mamma Elisabetta Vascon ora è disperata e si affida al “buon cuore” dei ladri. «Restituitemi almeno la schedina - dice -. Mi bastano anche le immagini caricate su un cd. Sono disposta a ricompensare chi mi darà una mano a ritrovarle».

Il furto è accaduto il 10 agosto, due ore dopo il parto. Elisabetta ora ha tappezzato l’ospedale di cartelli: «A chi ha preso la mia macchina fotografica - scrive -, vi prego di restituirmi almeno la scheda che contiene il giorno più bello della mia vita. La potete recapitare presso il reparto di ostetricia, in busta anonima, indirizzata a Elisabetta». «Mio figlio - racconta dalla sua casa di Lodi - è nato alle 14.25. È stato bellissimo, un sogno. Mio marito era in sala parto, ha fotografato tutto. È stato molto discreto, sembravano le immagini di un documentario. C'era l’ostetrica che gli teneva la testa al momento del parto, poi il primo contatto con me, quando me l’hanno appoggiato al petto. Ho fatto giusto in tempo a vederle e a memorizzarle nel mio cuore che sono sparite. Alle 4 del pomeriggio siamo rientrati in camera. Eravamo euforici. Alle 16.50 siamo stati convocati al nido per la visita. È durata 10 minuti, mio marito si è ricordato che aveva lasciato la macchina fotografica sul fasciatoio, in camera. È tornato a prenderla e non c’era più. Che peccato! Era il ricordo del mio primo bambino, forse anche l’ultimo, visto che ho 40 anni. Per questo mi è venuto in mente di mettere quei cartelli. Le ho provate tutte. Spero che chi mi ha portato via la macchina fotografica si faccia impietosire. Mi restituisca almeno le foto caricate su un cd. Sono disposta anche a ricompensarlo».

E pensare che suo marito, Pedro Aguilar, di origini cubane, è sempre molto attento. «Quando siamo arrivati in ostetricia - racconta mamma Elisabetta - lui ha letto quel cartello sulla porta della camera. C’è scritto che l’Azienda declina ogni responsabilità in caso di furto. Ha pensato che gli italiani, in questo, sono come i cubani. Poi si è lasciato tradire dall’entusiasmo del momento. Anch’io sto sempre molto attenta. Il ladro ha approfittato della nostra euforia». Ora, ai neogenitori, non resta che affidarsi al buon cuore di chi ha rubato loro l’apparecchio. Aspettano che qualcuno lasci le foto in busta anonima in ostetricia.

Lo stesso giorno, tra l’altro, era sparito anche il marsupio di un papà. L’aveva lasciato in camera, ma dentro c’era il portafoglio con i soldi appena prelevati al bancomat. Qualche giorno dopo una partoriente l’ha trovato in un’altra stanza, ma completamente vuoto. I furti sono all’ordine del giorno. Qualche tempo fa hanno rubato persino l’auto di un’operatrice, parcheggiata vicino all’ospedale. Avevano rubato le chiavi della macchina dalla sua borsetta, in ostetricia. Il ladro, servendosi dell’apriporta automatico, era riuscito a individuarla e a portargliela via. Qualche mese fa era sparito anche un computer dalla pediatria. La direzione ha fatto mettere delle telecamere per disincentivare la pratica dei furti. Dai reparti è arrivata la richiesta di installare dei campanelli per l’accesso alle degenze, ma la direzione non ci sta: «Il nostro - hanno detto - non è un carcere, ma un ospedale».

Cristina Vercellone

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