Anche nel 2011 la crisi non molla la presa. Da gennaio quasi mille lodigiani (959 per l’esattezza) hanno perso il posto di lavoro, il 26,85 per cento in più rispetto al 2010. Un anno fa, infatti, gli operai che avevano dovuto dire addio alla propria occupazione ammontavano a 756. Come in passato, a pagare il prezzo maggiore sono le piccole aziende, l’emorragia raggiunge infatti quota 638 unità per le ditte che contano fino a 15 dipendenti, mentre le aziende con una struttura più grande hanno dovuto licenziare 321 persone. I dati sono stati elaborati dalla Cgil e prendono in considerazione il periodo che va da gennaio a luglio.
Il Lodigiano non fa altro che seguire l’andamento regionale, se si guardano infatti i dati lombardi si scopre che la mobilità è cresciuta del 6,99 per cento per cento, i licenziamenti sono passati da 42.445 a 45.414. Nel panorama non c’è nemmeno una provincia che possa vantare un calo della disoccupazione, la maglia nera spetta a Monza e Brianza dove l’incrmeento ha raggiunto +220,60 per cento.
A Lodi l’utilizzo degli ammortizzatori sociali è invece diminuito del 18,69 per cento rispetto all’anno scorso, per un totale di quasi 2 milioni 430mila ore di cassa integrazione, un dato aggiornato invece al mese di luglio.
Un risultato che in ogni caso piazza i lodigiani al di sopra della soglia critica presa in considerazione dal sindacato, una tendenza ormai storica. Secondo un complesso calcolo elaborato dalla Cgil, inoltre, è come se sul territorio ci fossero in questo momento 1.960 lavoratori in cassa a zero ore. Nel resto della Lombardia la cassa integrazione è caduta del 33 per cento, fermandosi a 147 milioni 295mila ore.
Il sindacato ritiene che molte aziende si trovino ancora in una situazione di difficoltà, una parte sta ricostruendo i mezzi di produzione e innovando i prodotti cercando di intercettare una quota della domanda estera, «che è tuttavia insufficiente e non compensa la perdita pesante della domanda del mercato interno, al quale si rivolge la grande maggioranza delle imprese lombarde». Un aspetto preoccupante è l’aumento dei contratti precari, nel 2010 il 75 per cento delle assunzioni in Lombardia è avvenuto con questa modalità, oppure con contratto a progetto e a tempo determinato. Un fenomeno che coinvolge soprattutto i giovani e le donne. Anche il ricorso al part-time è cresciuto, specialmente per gli uomini, uno strumento utilizzato per affrontare il calo degli ordinativi.
Per la Cgil si è verificata una lieve inversione di tendenza che non permette ancora di arginare la disoccupazione e la precarietà. «Il quadro tracciato - fa sapere il sindacato in una nota - conferma la cosiddetta “ripresa senza occupazione”, vale a dire la presenza di segnali deboli, minimi, che inducono speranza ma non possono essere ancora utilizzati per sostenere la tesi dell’uscita dal tunnel della crisi. Il mercato a competizione globale richiede specializzazione, innovazione di prodotto, diversificazione, investimenti, infrastrutture, collaborazioni con università e saperi, interventi pubblici, politiche di risparmio energetico».
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