La crisi “brucia” altre 300 aziende

Nel Lodigiano pesante impennata di fallimenti

Una pioggia di fallimenti e liquidazioni. Da gennaio a settembre la crisi ha messo in ginocchio 321 aziende, un’impennata del 13,8 per cento in più rispetto all’anno scorso, si tratta dell’incremento più “pesante” di tutta la Lombardia. Una situazione molto simile a quella di Mantova, dove le attività con l’acqua alla gola sono 443, il 12,7 per cento in più rispetto all’anno precedente. I dati emergono da una ricerca della Camera di commercio di Monza e Brianza, basata sui dati del registro delle imprese, per realizzare il dossier sono state prese in considerazione le imprese soggette a procedura concorsuale. In Lombardia le imprese che hanno deciso di chiudere i battenti ammontano a 18.402, il 2,2 per cento sul totale, facendo segnalare una crescita del 2,6 per cento sul 2010.

Sul futuro dell’economia lodigiana, però, non si intravedono grandi spiragli. «Siamo ancora in alto mare - afferma Mauro Sangalli, segretario dell’Unione artigiani -. Anche se l’export è in fase di rallentamento, resiste, il resto è in negativo. Il Lodigiano ruota attorno al mondo dell’edilizia per un 50 per cento, basta tirare le conclusioni. Nel comparto manifatturiero, se in passato la grande impresa esternalizzava i servizi, ora conserva il lavoro all’interno. Le aspettative per il futuro non sono rosee, anche sul fronte di ordinativi e commesse, bisognerà lavorare sul versante del credito, per mantenere l’ossigeno alle piccole e medie imprese». Uno dei temi da affrontare con provvedimenti urgenti riguarda i pagamenti, che spesso non arrivano o arrivano in ritardo.

Per Vittorio Boselli, segretario provinciale di Confartigianato, sui numeri incide l’andamento negativo delle costruzioni. «La bolla non solo si sta sgonfiando ma è scoppiata - afferma -. Nelle procedure di fallimento e liquidazione sono state coinvolte anche aziende solide, spesso messe in ginocchio dai fallimenti delle altre imprese della filiera o dal mancato pagamento dei fornitori. Le aspettative non inducono all’ottimismo, non credo che una ripresa possa essere indotta da fattori locali, deve cambiare il contesto generale. Il Paese deve ritrovare credibilità, ci vorranno tempo, pazienza e determinazione. L’auspicio è che ci sia da parte delle banche e delle istituzioni la massima attenzione di fronte al bisogno di liquidità delle aziende».

In tutto lo Stivale i fallimenti hanno continuato a prendere quota, dal 2010 al 2011 le imprese in difficoltà sono aumentate dello 0,3 per cento. Le regioni più in sofferenza sono Lazio, Sicilia e Campania, quelle meno colpite dal fenomeno sono invece Trentino e Valle d’Aosta.

Complessivamente, tra fallimenti, liquidazioni e concordati preventivi, sono 120mila le attività italiane alla fine della corsa, in pratica una ogni cinquanta.

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