La città non chiude per ferie

Non c’è più il consueto deserto di ferragosto

Strade vuote, nessuno in giro, nemmeno un bar per comprarsi un gelato. Se lo immaginano così, il Ferragosto, i lodigiani sdraiati in spiaggia o sugli alpeggi: una giornata torrida in una città in stato di abbandono, solitudini, afa, scarsissime possibilità di incontrare passanti. Niente di tutto questo, cari vacanzieri: 28° gradi, un po’ di venticello (leggero leggero ma pur sempre venticello) e una Lodi meno affollata del solito, sì, ma non certo deserta. Nella tarda mattinata di ieri, in piazza della Vittoria e nelle vie del centro, l’atmosfera era identica a quella di una qualsiasi altra domenica d’estate: gente ferma davanti alle vetrine (anche quelle chiuse per ferie), tavolini presi d’assalto, coda in gelateria dopo la Messa. Anche il mercato è affollato come al solito, a occhio e croce sembra che non manchi nessun banchetto, gli avventori affluiscono a frotte lungo via Volturno, nell’aria l’odore familiare di pollo arrosto e vestiti cinesi. Imbattersi in “visi pallidi” non è poi così raro, comuni anche le abbronzature in fase discendente, segno inequivocabile di come le ferie d’agosto non siano più la tappa obbligata (e sacrosanta) di ogni lavoratore autonomo o dipendente. Origliando i capannelli che si formano al fresco dei portoni, si scopre infatti che molti hanno deciso di non partire, come quella signora sui cinquanta con in mano la sporta della spesa: «Ma chi me lo fa fare di infilarmi in mezzo a quella bolgia di Riccione? Senti, ho detto a mio marito, quest’anno il sole lo prendiamo alle Due Acque». «Io invece al mare ci sono andata a giugno» le fa eco l’amica, «guarda, si spende meno ed è proprio una favola, e poi a me piace restare a Lodi in agosto». Come darle torto? I ritmi sono rilassati, anche in ufficio il clima è un po’ da villaggio vacanze, ma chi parte, invece dell’adesivo da attaccare al finestrino, rischia di ricevere una lettera di fine contratto. «Meglio non chiedere ferie e marcare stretto il territorio» è la parola d’ordine della precaria estate 2011. Ma di domenica quasi nessuno va a lavorare, e per le strade della città sono davvero poche le auto in circolazione: parcheggio immediato e la rara opportunità di vivere senza stress gli spazi cittadini, il centro storico, i viali alberati delle periferie, i giardini pubblici di via IV Novembre. Ma se di macchine in giro ce ne sono meno, altrettanto non si può dire delle biciclette che, approfittando della scarsità di automobili, mollano i freni al centro della carreggiata come se fossero al giro d’Italia. Quella che però, nella tarda mattinata di ieri, è stata vista sfrecciare in contromano in via Paolo Gorini non era guidata da un Bartali qualsiasi. Di ladruncolo trattavasi, e di buone gambe, in fuga dalle grida del legittimo proprietario. «Al ladro, al ladro» tuona il derubato tentando a piedi di riacciuffare il maltolto, «è quello lì sulla bicicletta!». Tutti lo inquadrano, nessuno interviene: tutto normale insomma, e del resto la scena è molto cinematografica. In un giorno normale, nel traffico sostenuto della domenica mattina, sarebbe stato impossibile assistere a un simile inseguimento: nessun uomo sano di mente correrebbe come un matto in mezzo alla carreggiata, nessun ladro, per quanto provetto, procederebbe sulla direttrice principale, senza cercare altre scappatoie e senza timore di fermarsi un secondo, per valutare il suo distacco dall’inseguitore. Ma oggi manca un giorno a Ferragosto, la città sembra affollata come sempre, ma lo è solo nei suoi punti nevralgici; basta allontanarsi dalle vie che danno direttamente sulla piazza per assaporare l’atmosfera irreale di una città abbandonata per ferie, immersi in quel silenzio complice che suona come musica per le orecchie dei topi d’appartamento e da sellino.

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