La Camera di commercio verso la fusione

«In caso di aggregazione, io scelgo Milano». Si era espresso in questi termini, pochi giorni dopo aver lasciato il suo mandato, sul finire del 2014, il presidente uscente della Camera di commercio di Lodi, Alessandro Zucchetti. Il tema, quello della fusione della Camera lodigiana, troppo piccola per rimanere autonoma in tempi di crisi e a fronte della riduzione massiccia dei contributi obbligatori delle aziende (un cavallo di battaglia di Renzi), è tornato in auge in questi giorni, con il passaggio al Senato del disegno di legge sulla Pubblica Amministrazione, che all’articolo 8 fissa paletti rigidissimi per il sistema camerale. In futuro la soglia minima per l’autonomia sarà di 80mila aziende iscritte, un’enormità se confrontate alle 15 mila circa della Camera di Lodi. Per Lodi non sembrano esserci speranze e gli scenari che si aprono sono due: l’aggregazione della Camera di Lodi con la gigantesca Camera di commercio di Milano oppure la creazione di una Camera di commercio dell’Asse del Po, con la fusione delle Camere di Pavia, Lodi, Cremona e Mantova.

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