I sindacati della polizia penitenziaria chiedono la “testa” del direttore del carcere, Stefania Mussio. E se non la otterranno entro dieci giorni daranno vita a forme di protesta “eclatanti”.
«In seguito al diffuso e gravissimo malessere del personale relativo alla disorganizzazione del lavoro dell’istituto chiediamo l’avvicendamento del direttore della casa circondariale» si legge in una nota che i sindacati di categoria Sappe, Uil e Ugl hanno inviato nei giorni scorsi al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria e, per conoscenza, al prefetto, al sindaco e al questore. «Lo stato di agitazione permarrà finché l’amministrazione non provvederà all’avvicendamento. In assenza di rassicurazioni entro dieci giorni metteremo in atto tutte le azioni sindacali previste dalla legge, con sit-in e interrogazioni parlamentari. Non si escludono inoltre forme incisive di protesta da parte di tutto il personale».
Le motivazioni che hanno portato a questo “scontro frontale” sono descritte dalle tre sigle sindacali («che rappresentano oltre il 70 per cento del pesonale» dice Dario Lemmo del Sappe) in un lungo elenco fatto addirittura di 28 punti. Questi i principali: mancanza di rispetto delle prerogative sindacali; gestione unilaterale, e senza contrattazione, su orari di lavoro, riposi, mobilità interna e organizzazione del lavoro; mancanza di un regolamento interno; ordini di servizio non corrispondenti alla realtà dell’istituto con conseguente aggravio di lavoro; gestione delle ferie d’ufficio; carichi di lavoro e di responsabilità che superano qualsiasi soglia di tollerabilità; carenze igieniche per la presenza di due cani nella sezione “Olmo” custoditi in luogo non idoneo; nessuna visita medica per il personale; la non consegna dei panettoni donati dal vescovo a Natale perché «gli agenti non meritano i panettoni» avrebbe detto la direttrice; la mancanza di un televisore in sala mensa per lo stesso motivo; il mancato pagamento del lavoro straordinario fatto in occasione dell’evasione nel luglio 2012; nessun intervento contro il sovraffollamento, con tre e sei detenuti in celle da uno e due posti, con relativa difficoltà nella vigilanza e nei movimenti operativi della polizia penitenziaria.
«Insomma, la direttrice non ha alcuna intenzione di tenere corrette relazioni sindacali, non persegue il benessere del personale, non si preoccupa delle condizioni lavorative “abusando dell’uso del mezzo disciplinare”. Per questo le sigle sindacali riattivano lo stato di agitazione sospeso nel giugno 2013 in via permanente con esposizione di bandiere davanti al carcere». Se entro 10 giorni non otterrano il cambio del direttore, sono pronti ad alzare il livello della protesta fino a far diventare il carcere di Lodi “un caso nazionale”.
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