Il professore fatto a pezzi, arriva il secondo ergastolo

(Ore 16) Ergastolo e otto mesi di isolamento diurno: questo il verdetto pronunciato poco fa della corte d’assise di Milano per Gianluca Civardi, il 32enne di Fiorenzuola d’Arda accusato di concorso nell’omicidio premeditato di Adriano Manesco, il professore universitario in pensione trovato a pezzi in una valigia in un cassonetto di via Gandini a Lodi l’8 agosto dello scorso anno. Accota la richiesta del pm di Milano Maria Latella, che ha contestato anche la rapina aggravata dall’uso di un coltello. Il presunto complice, Paolo Grassi, trentunenne originario di Codogno, era già stato condannato alla pena a vita alcuni mesi fa con rito abbreviato e farà appello Stamane Civardi ha fatto dichiarazioni spontanee dicendosi pentito per il grave gesto e motivando la spedizione dei due a Milano con l’intendo di dare una lezione all’anziano perché ritenuto pedofilo. Per i difensori Andrea Bazzani e Francesca Cotani il piacentino sarebbe stato succube della personalità narcisista del lodigiano, e per questo si prannuncia già una nuova richiesta di perizia psichiatrica in appello, ma il pm Maria Teresa Latella ha anche evidenziato nella sua requisitoria la piena compartecipazione dei due in diversi atti preparatori e ha motivato l’assassinio con finalità di lucro. Il 32enne in aula ha accolto la lettura della sentenza senza tradire particolari emozioni.

(Ore 12.30) Ergastolo anche per il 32enne di Fiorenzuola d’Arda accusato di concorso nell’omicidio di Adriano Manesco, il professore universitario in pensione trovato fatto a pezzi in una valigia in un cassonetto di via Gandini a Lodi all’inizio di agosto dello scorso anno. È la richiesta del pm di Milano Maria Latella questa mattina in Corte d’Assise. Il presunto complice, una trentunenne originario di Codogno, era già stato condannato alla pena a vita alcuni mesi fa con rito abbreviato e farà appello. Il verdetto è atteso per il pomeriggio e l’imputato ha fatto dichiarazioni spontanee dicendosi pentito per il grave gesto. Secondo i difensori Andrea Bazzani e Francesca Cotani il piacentino sarebbe stato succube della personalità narcisista del lodigiano che sarebbe quindi stato la vera mente dell’omicidio.

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