«Ho visto la “devastazione” di Londra»

Due lodigiane a contatto con la guerriglia nella capitale inglese

«Si vive come se qualcosa dovesse accadere da un momento all’altro. Una situazione di calma apparente. Ma in realtà “blindare” la città con 16mila poliziotti non servirà a nulla». Ilaria Rossetti, 24 anni, scrittrice lodigiana, vincitrice quattro anni fa del Campiello giovani ha vissuto la crisi dei disordini londinesi sulla propria pelle. Ha visto i disordini con i propri occhi, ha respirato il fumo dei roghi e ha ascoltato le testimonianze dei cittadini con le proprie orecchie. Ilaria si trova a Londra con il suo ragazzo già da alcuni mesi: in attesa di laurearsi sta scrivendo la tesi nella capitale britannica, dove vive e lavora come barista. Il suo quartiere è nell’East End ed è stato solo sfiorato dai disordini scatenatisi in seguito alla morte del 29enne di Tottenham Mark Duggan, ucciso mentre sfuggiva all’arresto: «Da noi ci sono stati più che altro vetrine spaccate e piccoli episodi di vandalismo - spiega Ilaria -, ma nulla di serio. Non mi sono mai sentita minacciata direttamente, anche se la prima sera successiva agli scontri, ho preferito non uscire a cena. Meglio evitare guai».

La guerriglia non ha impedito alla giovane e talentuosa scrittrice di fare un salto in alcuni dei quartieri messi a ferro e fuoco. Lei e il suo ragazzo, Massimo Casiraghi, hanno ascoltato i residenti, scattato delle foto (il fidanzato studia da professionista) e cercato di capire le ragioni di chi ha inscenato manifestazioni, rivolta e violenze: «Il governo ha parlato di vandali e criminali - è la sua opinione -, è sacrosanto. Ma dietro chi ha approfittato dei disordini per sfasciare vetrine, lanciare molotov e rubare, non è giusto dimenticare che c’è un malessere sociale che è impossibile far tacere con lo schieramento di agenti in massa. Una volta finita l’emergenza, la protesta tornerà a farsi sentire. In questi giorni si vive in come se qualcosa dovesse accadere da un momento all’altro».

Sono stati comunque giorni duri, prima che la rivolta si fermasse a Londra per trasferirsi ad altre città inglesi, come Manchester: «Io sono stata nel borgo di Clapham - racconta Ilaria - e ho ascoltato le ragioni della gente. Ho parlato con molti di quelli che il giorno dopo, si sono riversati in strada ramazza alla mano per “aggiustare“ i danni. Molti di loro hanno condannato i vandali, ma hanno mostrato invece di capire le ragioni alla base di chi era in strada per protestare. Non è difficile: a Clapham ad esempio convivono case da un milione di sterline accanto ad abitazioni in cui vive gente sotto la soglia della povertà. Era questione di tempo, e potrebbe non essere finita».

Da anni a Londra vive Cinzia Belloni, nostra ex collaboratrice nelle pagine dello sport oggi sposata, madre di due figli e perfettamente integrata nella società londinese. Con la famiglia abita nei pressi di Notting Hill («che non è mai stata toccata dai disordini, e noi ce ne siamo stati sempre ben tappati in casa, così non abbiamo sentito nulla, se non dai telegiornali»). Ma il suo lavoro è stato importante per evitare che la città finisse “paralizzata” (dirige l’ufficio informazioni di metropolitana e autobus): «Nei primi giorni di guerriglia si è reso necessario solo chiudere alcune stazioni, come Brixton. Un po’ più complicata la situazione dei bus, tanto che spesso si è dovuto ricorrere a deviazioni per evitare le zone roventi. Ma alla fine tutto è andato bene, i problemi sono stati limitati e i collegamenti cittadini sono stati sempre garantiti».

Ha visto i disordini, ha respirato il fumo dei roghi, ha ascoltato le testimonianze dei cittadini: da Londra Ilaria Rossetti, scrittrice lodigiana vincitrice del Campiello giovani, racconta come ha vissuto i giorni delle violenze e delle devastazioni che hanno fatto tremare la capitale inglese. «Adesso c’è una calma apparente, dice la Rossetti, ma blindare la città non servirà a molto». Parla anche Cinzia Belloni, nostra storica collaboratrice, da anni impiegata nell’azienda dei trasporti londinese: «Durante gli incidenti siamo stati costretti a una rivoluzione per evitare la paralisi di bus e metrò».

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