Green pass nelle scuole lodigiane: proteste e lavoratori rimandati a casa

Primi cinque casi tra Lodi e la Bassa, una collaboratrice: «Si metta a verbale che mi obbligano a vaccinarmi»

Scatta l’obbligo del green pass per entrare a scuola, non sono mancati alcuni momenti di protesta. Anche se, nella maggior parte dei casi, tutto è filato liscio. Da ieri, il personale scolastico, per accedere alla scuola deve esibire il green pass. Il certificato si ottiene a 15 giorni dalla prima dose, dopo la seconda e con un tampone negativo eseguito nell’arco delle 48 ore. Per gli esentati al vaccino, a causa di patologie, a pagare il tampone sarà la scuola. Il controllo del green pass, attualmente, avviene manualmente da parte del personale scolastico, con la stessa applicazione dei ristoranti. Nel giro di 3 settimane dovrebbe arrivare, invece, un portale che libera il personale dai controlli individuali. Nella Bassa, un collaboratore scolastico del Calamandrei di Codogno aveva già dichiarato il giorno prima che non si sarebbe presentato con la certificazione verde Covid perché «se il vaccino non è obbligatorio, non può esserlo il green pass». Ieri è stato necessario allertare i carabinieri. A Maleo, un’operatrice scolastica aveva fatto la prima dose di vaccino, ma non erano ancora passati 15 giorni e quindi non era valido, per cui, non ritenendo giusto fare il tampone per presentarsi poi a scuola, si è recata nell’hub vaccinale a chiedere spiegazioni. Sempre nella Bassa, nell’istituto comprensivo di Somaglia, sono arrivati i carabinieri perché una collaboratrice scolastica non voleva lasciare la scuola anche se non aveva il green pass. Al Bassi di Lodi, il nuovo preside Fausto Bianchi ha cercato di convincere una sua dipendente che i presidi sono pubblici ufficiali e sono tenuti ad applicare la norma così com’è. Nell’hub vaccinale di Lodi, si è presentata una collaboratrice scolastica, sul piede di guerra.

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