
Foroni: «Lodi unita a Mantova? Mai»
Il presidente sbatte la porta alla proposta di Cremona
Altro che “triciclo”. Solo per arrivarci, a Mantova, bisognerebbe spingersi quasi in Veneto. Tanto, troppo. Come “troppa” è la prospettiva “macro”, ovvero la “Super Provincia” cremonese-lodigiano-mantovana proposta da Massimiliano Salini, presidente della Provincia di Cremona, ma che al suo omologo in San Cristoforo, Pietro Foroni, proprio non convince. “No”, dunque, alla “Provincia del Po”, senza rancore né rimpianti per le terre di Virgilio: e “sì”, se possibile, a una fusione con il Cremasco, senza figli né figliastri. Gli scenari principali, in breve, sono questi, con Cremona (ma la “sola” Cremona) unica alternativa. Ma se “breve”, secondo Foroni, sulla questione “accorpamento delle Province” non la si può fare, le linee guide per garantire al Lodigiano del futuro servizi e identità adeguati si possono già tracciare. «Fare previsioni è difficile, perché si fanno i conti senza gli osti, ovvero la Regione e il governo - premette il presidente della Provincia di Lodi -, ma credo che dovremmo riferirci alla legge con spirito critico: ovvero non seguire pedissequamente entrambi i criteri proposti dal governo (numero minimo di abitanti, 350mila, e estensione minima del territorio di 2500 chilometri quadrati, ndr), bensì che la Regione ne fornisca di nuovi. Detto ciò, Mantova è completamente a se stante; confina con il Veneto, l’Emilia Romagna e otto diverse province, le mancano pochi comuni per raggiungere i parametri richiesti e mi sembra che il suo stesso presidente, Pastacci, voglia che resti autonoma. Da Lodi a Mantova, poi, ci si mettono due ore, più che andare in Liguria: non trovo davvero connaturale una Provincia che da Lodi si sviluppi verso Mantova». Quindi? Se la questione centrale «restano i servizi, che la legge dice devono restare invariati e che lo Stato deve riconoscere», l’ipotesi più gradita guarda alla vecchia realtà lodigiano-cremasca, quella esistente fino al 1861: «Se c’è una parte del Cremonese che spinge per Mantova, credo possa aprirsi un dialogo sul discorso Lodi-Crema. Noi siamo disposti a ragionarci, come fusione, non acquisizione, e servizi policentrici. Io ora vedo qualche chance in più, ma spetta ai comuni decidere: e chiedo al Cremasco cosa voglia fare». Le incognite, in tal senso, resterebbero i numeri (che, anche uniti, il Lodigiano e il Cremasco non riuscirebbero a garantire) e i tempi (sulla carta molto stretti): «Io e il sindaco Guerini - replica Foroni - abbiamo detto che bisogna ragionare con prudenza. La legge dovrà essere unica per tutte le regioni, e dubito che tante di queste per fine ottobre diano risposta. Siamo nei termini per tutte le ipotesi e ragionamenti». La partita, insomma, è aperta. E il Lodigiano se ne giocherà una fetta il 20 settembre, quando al Consiglio delle autonomie locali sfilerà una delegazione di dieci lodigiani: Foroni, Guerini, i sindaci dei comuni più popolati, il presidente dell’Associazione comuni lodigiani Cordoni, quello del consiglio provinciale Codari e il direttore del «Cittadino», Ferruccio Pallavera, nelle vesti dello storico locale. Obiettivo: i servizi e le funzioni del futuro Lodigiano. In compagnia di chi, si vedrà.
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