Fiorani, Mizar e la vendita “anomala”

“Gravi anomalie”. Lo scrivono i giudici della Commissione tributaria di Lodi in merito all’operazione immobiliare Mizar, per la quale lo scorso giugno Gianpiero Fiorani è stato condannato a pagare circa 15 milioni di euro tra imposte non versate e sanzioni. Una somma vicina ai 12 milioni e mezzo di euro per l’anno 2003, a cui - come si evince dalla sentenza dei giudici tributari - si aggiungono circa 3 milioni e mezzo di euro per l’anno 2004, suddivisi fra tassazione recuperata e sanzioni amministrative pecuniarie. «La sentenza - osservava nei giorni scorsi un consigliere di amministrazione della ex Banca Popolare di Lodi - è una di quelle che saranno oggetto di studio nella giurisprudenza. Più a breve termine, essa potrebbe avere anche influenza sulla famosa transazione segreta fra il Banco Popolare e Fiorani (a seguito dell’azione di responsabilità del 2007, ndr) che si riteneva riguardasse patrimoni già al netto d’imposta».

Al di là degli aspetti tecnici, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lodi (che può essere impugnata presso la Commissione tributaria regionale) mette in luce le “anomalie” con le quali, nella ex Bpl è stato venduto un patrimonio immobiliare di oltre 64 milioni di euro. Per delineare l’operazione Mizar occorre partire da un “pacchetto” di 54 immobili di proprietà delle Casse del Tirreno, finiti nella disponibilità della vecchia Banca Popolare di Lodi, che aveva acquisito l’istituto di credito toscano nel suo percorso di crescita. Nel 2002 viene costituita la Mizar, società che controlla gli immobili ex Casse del Tirreno. Mizar a sua volta è controllata dalla Basileus, che a sua volta è controllata da Bipielle Real Estate, la “cassaforte immobiliare” della Banca Popolare di Lodi. Le quote di Mizar (e gli immobili) a un certo punto passano di mano, vendute a una società estera, la Yol Trading. Società di cui, secondo la ricostruzione fatta dall’Agenzia delle entrate di Lodi, Fiorani sarebbe stato socio occulto. L’ultimo passaggio è la vendita degli immobili alla Cre.Sen per un ammontare di 64 milioni e mezzo di euro. Parte di questi soldi però - sostiene il fisco - sono stati girati “in nero” estero su estero alla Yol: si tratta di circa 13 milioni e mezzo di euro. E proprio su questa cifra l’Agenzia delle entrate ha chiesto a Fiorani di pagare imposte e sanzioni.

I giudici tributari, nella sentenza di giugno, parlano di un’operazione immobiliare “complessa”, che mostra “gravi anomalie” rispetto a quella che dovrebbe essere una normale compravendita. I giudici aggiungono che “in casi simili il consiglio di amministrazione di una banca non incarica direttamente l’amministratore delegato a concludere una importante operazione immobiliare”, ma al contrario una “struttura tecnica” all’interno della banca stessa. Struttura di cui, dicono i giudici, la Bpl disponeva: si chiamava Bipielle Real Estate (società ancora in vita).

L’impegno di Fiorani in prima persona nell’affare Mizar, insomma, secondo la Commissione tributaria provinciale di Lodi rappresenta un’anomalia. E nella sentenza di giugno i giudici lodigiani scrivono che quando Fiorani disse al consiglio di amministrazione della Bpl che si sarebbe occupato direttamente dell’operazione, “il consiglio accettò senza nulla eccepire” (parole, queste ultime, pronunciate davanti ai magistrati milanesi il 22 novembre 2005 dall’ex segretario del cda della Bpl).

Lorenzo Rinaldi

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