Depuratore, i “perché” del dissequestro
Le prove degli interventi fatti da Sal nell’ordinanza del riesame
n Nessun elemento, negli atti, dai quali desumere che fosse in corso «una condotta nella gestione dell’impianto diretta ad aggravare o anche solo a protrarre l’offesa ai beni giuridici protetti dalla norme incriminatrici individuate a sostegno del provvedimento cautelare»; e sufficienti documentazioni, per contro, volte a dimostrare come «già prima dell’esecuzione del sequestro erano intervenute almeno parte delle modifiche oggetto delle prescrizioni imposte dal gip al custode giudiziario con l’ordinanza impugnata».
Sono due dei passaggi chiave attraverso i quali il tribunale di Lodi, nelle funzioni di giudice del riesame, ha motivato il dissequestro dell’impianto di depurazione cui lo scorso 30 gennaio erano stati messi i sigilli, in via preventiva, in virtù della presunta immissione nelle acque della roggia Molina di sostanze «non adeguatamente trattate, e contenenti sostanze dannose». Sostanze potenzialmente pericolose non solo per la fauna e la vegetazione, ma anche per la salute umana, rilevate in occasione di due accertamenti datati 2010; violazioni alle quali, secondo la procura, la Società acqua lodigiana, che gestisce l’impianto, non avrebbe posto rimedio con le necessarie migliorie tecniche, circostanza che aveva portato il giudice per le indagini preliminari a dare l’ok al provvedimento di sequestro preventivo, con nomina di un custode giudiziario (il presidente della Provincia, Pietro Foroni) e l’iscrizione al registro degli indagati del legale rappresentante di Sal, Antonio Redondi, e del direttore generale della società stesa, Carlo Locatelli.
Mercoledì scorso, però, il collegio di giudici del riesame (presidente Manuela Scudieri, Federico Salmeri e Sergio Rossetti) ha ribaltato il quadro. Ciò attraverso un’ordinanza nella quale gli elementi, i documenti e le consulenze presentati dagli avvocati dei due indagati, Massimo Pellicciotta per Redondi e Bruno Dell’Acqua per Locatelli, per ricorrere contro il sequestro, sono stati riportati con dovizia di particolari e relative considerazioni dei giudici. Rilevato come in merito al provvedimento il riesame proposto da Sal «meriti accoglimento, difettando senza dubbio nel caso di specie il requisito del periculum in mora (la relazione, in sostanza, tra un evento e un probabile danno futuro, ndr)», sotto il profilo temporale l’ordinanza sottolinea ad esempio come «Non emergono (...) accertamenti sui luoghi (comprensivi dell’impianto e della roggia Molina) successivi all’ispezione del novembre 2010, né acquisizione di documenti o ulteriori accertamenti tecnici dai quali possa inferirsi che siano state poste in essere dopo tale data ulteriori condotte del tipo di quelle in relazione alle quali sono stati ipotizzati i reati per evitare i quali è stato disposto il sequestro dell’impianto di depurazione».
Non solo. Rispetto al possibile «protrarsi dell’offesa al bene protetto», alla luce del lungo intervallo trascorso tra gli accertamenti e il sequestro dell’impianto (intervallo “censurato”, ricorda l’ordinanza, dall’avvocato di Locatelli), il provvedimento di dissequestro evidenzia come dagli atti «non emerge prova di tale volontà da parte dei gestori dell’impianto», ma che anzi ma dalla documentazione prodotta dalle difese emerga come «Sal ha realizzato successivamente all’ispezione del 2010 alcuni interventi e modifiche non prive di significato sull’impianto di depurazione». Che sono, tra gli altri, la sostituzione dei teli delle nastro-presse ferme per manutenzione al momento della verifica, la sistemazione degli intonaci esterni delle vasche e il «collaudo e la messa in esercizio a novembre 2011 del nuovo impianto UV (per la disinfezione delle acque, ndr)»; ciò con la produzione di fatture e bolle di consegna, nonché con la prova, con «copia di carico e scarico dei rifiuti» che, da gennaio del 2011 «l’impianto di Lodi non riceve più rifiuti di provenienza esterna». Morale? Per il riesame, rispetto alle ipotesi del provvedimento di sequestro, «sono emersi elementi di segno contrario». Via i sigilli, dunque, perché pericolo non c’è, e perché se ci sia stato dal novembre 2010, con reiterazione di quanto all’epoca contestato, non è dato a provarsi: quello che, oltre a Sal, sostiene anche il collegio del riesame.Alberto Belloni
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