Da una vita con le mani nei motori, dopo 70 anni chiude a Lodi la storica officina dei fratelli Senzalari

Due anni difficili dopo la scomparsa prematura di Mario e infine la decisione da parte di Cesare e Bruno di abbassare la saracinesca in cima al Montadone: un pezzo della città che se ne va

Un pezzo di storia, di Lodi e di corso Mazzini, abbassa per sempre le serrande. Dopo oltre settant’anni di attività chiude i battenti la storica officina dei fratelli Senzalari, al numero 48 della via, a pochi passi dall’arco di piazza Zaninelli, davanti all’imbocco di via Secondo Cremonesi.

I titolari, Bruno e Cesare Senzalari, sono all’interno, per sgomberare un locale che si svuota giorno dopo giorno: il ponte è stato smantellato, le apparecchiature, gli attrezzi, il dispositivo elettronico per la diagnostica non ci sono più. Restano un tavolo, una piccola scrivania e tanti scaffali, senza più ricambi.

Bruno Senzalari ha 72 anni ed è la memoria storica di un passato glorioso e irripetibile, quando il design e i motori italiani erano invidiati in tutto il mondo. «Ho iniziato nel 1961, a dieci anni - ricorda -. Dopo la quinta elementare sono venuto “a bottega” da mio papà Angelo, che aveva aperto proprio qui l’officina assieme a un socio alla fine degli anni Quaranta, dopo avere lavorato in Polenghi». Il socio, tale Fontanella, lasciò presto la società e così l’officina di corso Mazzini divenne un “affare di famiglia”.

«Imparai il mestiere - aggiunge Bruno Senzalari - e a metà degli anni Sessanta sapevo già mettere le mani sui motori delle Fiat 1100, delle 1500 o su quelli delle Lancia e delle Alfa Romeo. Mio padre era appassionato di motociclismo e così riparavamo anche le due ruote a motore, Guzzi e Norton, in modo particolare. Ho trascorso tutta la vita in questa officina, è arrivato il momento di riposarmi un po’ e dedicarmi al mio nipotino».

Ad affiancare Bruno, nei primi anni Settanta, arrivarono anche i suoi fratelli, i gemelli Mario e Cesare, giovanissimi e con un amore viscerale per la meccanica e nel 1982, alla morte di papà Angelo, l’officina acquisì la denominazione “Fratelli Senzalari snc”.

«Ho sempre svolto questa attività con passione - ricorda Cesare, 62 anni, in pensione da pochi mesi -. Ci sono stati anni in cui si lavorava tanto, dal lunedì mattina all’ora di pranzo della domenica, ma ci toglievamo tante soddisfazioni. Per me e per i miei fratelli è sempre stato un piacere intervenire sui freni, sui carburatori, cercare la causa di un guasto e porvi rimedio, verificare un impianto elettrico, visto che siamo stati anche centro accreditato Magneti Marelli».

Era Mario Senzalari l’elettrauto, era lui a occuparsi, prevalentemente ma non solo, dei guai legati ai circuiti delle vetture e lo ha fatto fino alla sua prematura scomparsa, nel settembre del 2020.

La morte di Mario fu un colpo durissimo per Bruno e soprattutto per Cesare, che con il gemello aveva un legame particolare. «In un attimo ho perso un punto di riferimento - dice commosso Cesare Senzalari -. Abbiamo sempre lavorato in coppia, ci consultavamo, eravamo una squadra. La morte di Mario mi ha destabilizzato a livello emotivo e psicologico, ci ho messo un po’ a riprendermi e comunque la ferita è ancora aperta. In questi anni ci sono mancate la personalità di Mario, la sua pacatezza nell’affrontare i problemi, la sua grande professionalità».

Superato lo shock iniziale, i due fratelli decisero di andare avanti, riorganizzando ovviamente il lavoro e gli impegni con i clienti, ma dopo due anni e mezzo sentono che è arrivato il momento di chiudere con questa lunga esperienza. «Ora voglio coltivare le mie passioni - sottolinea Cesare -. Mi piace camminare all’aria aperta, sono un cicloamatore e nella mia casa di Lodi Vecchio ho un po’ di biciclette dei miei amici da sistemare. Mi terrò in forma camminando e pedalando».

Bruno Senzalari, che si definisce «il decano di corso Mazzini», dove abita e dove ha lavorato per 62 anni, si concede una punta di amarezza riflettendo sulla sua professione, che è cambiata radicalmente, negli ultimi vent’anni almeno: «Oggi l’intervento dell’artigiano è ridotto al minimo - conclude -, l’elettronica ha tolto al meccanico la creatività, l’intuizione. Basta cambiare una scheda, una centralina o un componente e si riconsegna l’auto al cliente. Noi ci siamo sempre aggiornati, ma posso dire con certezza che questo modo di lavorare ha tolto il fascino al nostro mestiere».

E così cala il sipario sull’officina Senzalari, dopo settant’anni e più che hanno visto migliaia di automobili fermarsi per ricevere le “cure” di una delle ultime famiglie di artigiani. Il locale che fu un deposito di carrozze, nella prima metà del Novecento, chiuderà i battenti. L’ultima saracinesca abbassata sancirà così anche la fine di un’epoca indimenticabile, di una lunga stagione segnata dal rombo di una Giulia o di una Fulvia coupé.

© RIPRODUZIONE RISERVATA