Da Lodi alla Siberia, la storia di Marco

Marco Negri fotografato in Siberia

Tra le nevi e il freddo della Siberia c’è un lodigiano. Marco Negri, 43enne nato nel quartiere di San Bernardo, ex collaboratore de Il Cittadino, da due anni e mezzo vive a Tomsk, oltre quattro ore d’aereo da Mosca, altre tre e mezzo dall’Italia. Tra le lande ghiacciate non fa l’esploratore, ma insegna filosofia teoretica e filosofia della logica all’università e, soprattutto, studia. Si occupa di ricerca, di giorno e di notte, in quasi tutte le ore in cui non è in cattedra, e al momento ha un progetto ambizioso e coinvolgente. Trovare una soluzione alla “Funzione zeta di Riemann“, uno dei misteri della matematica ancora irrisolti, un enigma che dall’Ottocento ad oggi ha letteralmente fatto impazzire più di uno scienziato. Marco Negri lo sa, ma non se ne preoccupa. Ormai calcoli e numeri fanno parte della sua vita. «Questa ricerca mi assorbe tantissimo – racconta con il suo sorriso, discreto e rasserenante - . Di recente facendo una ricerca su Internet mi è apparsa la notizia che la Funzione zeta era stata risolta da un americano. Non riuscivo a capacitarmene. Sono uscito al freddo a fumare una sigaretta, ci ho pensato su, sono rientrato e documentandomi ho capito che non era credibile la soluzione trovata, che tra l’altro chiamava in causa Jahvè. Così sono andato avanti per la mia strada». Che lo studio della Funzione zeta generi fenomeni strani e porti al richiamo del trascendente, in realtà, sembra vero anche allo studioso lodigiano. «Molti hanno sottolineato questo aspetto e a volte in effetti guardando in cielo mi pare di vedere i numeri, in altri casi osservando dei dati qualunque ho delle intuizioni, talvolta delle visioni. Non so cosa sia, ma c’è qualcosa di totalizzante in questa ricerca». Marco Negri, che non è un matematico, ma si occupa di logica e di filosofia, sta studiando la Funzione zeta a partire dalle sue competenze. E dedica a questo progetto intere giornate e nottate. «Lo studio mi piace» spiega senza troppi arzigogoli. Al punto da convincerlo a lasciare Lodi e l’Italia, ma successivamente anche la Spagna, Malta, la Francia e la Finlandia, dove ha vissuto per periodi di studio e di insegnamento. «Sono stato in Russia la prima volta nel Natale del 1999 - spiega - . Ero nella piazza Rossa di Mosca con alcuni amici la notte di Capodanno in cui Eltsin lasciò il potere a Putin. Per un anno ho vissuto lì e sono rimasto colpito dal paese e dalla gente». Più tardi è tornato a San Pietroburgo per otto mesi , poi è arrivato un periodo di insegnamento a Tomsk, infine, due anni e mezzo fa, la decisione di spostarsi in Siberia. Marco Negri insegna e pubblica saggi in inglese ma ormai parla russo e quando pronuncia la esse, specie in alcune parole, sembra quasi che sia straniero. «Vivere là non è semplice ma c’è il giusto grado di isolamento e di concentrazione che mi permette di studiare» svela Negri. Abita in una stanza e mezzo dentro una vecchia casa dell’università, senza bagno e doccia in camera; non si cucina e a cena mangia in un locale vicino, dove può anche collegarsi a Internet e lavorare tutta la sera. Guadagna 300 euro al mese, che non sono uno stipendio da nababbo neppure in ex Urss. Del resto, Marco Negri, non si è trasferito per convenienza economica ma probabilmente perché in quell’angolo sperduto della Russia, caratterizzato dalle distese di taiga ghiacciata e dalle temperature polari (“In inverno la media è meno 30 gradi, quando ci sono meno 25 diciamo che si sta bene” sottolinea ridendo), ha trovato lo spazio per fare quello che davvero desidera. Non che il lodigiano sia un asceta. Ha amici, un circuito di relazioni anche al di fuori del lavoro, occasioni di spostarsi. Ma lo studio incondizionato è ciò che davvero gli preme. Della Siberia, poi, regala aneddoti divertente. Come il fatto che per resistere al freddo se ne va in giro indossando una pelliccia di lupo lunga fino ai piedi («Una specie di carrarmato Tank declinato nella funzione di tenere caldo» spiega), che lo protegge ma, talvolta, suscita interessi rischiosi nei branchi di cani selvatici che entrano in città in cerca di cibo. Eppure al filosofo lodigiano questi aspetti difficili della sua vita non sembrano preoccupanti. A chi gli chiede se sia felice risponde di sì, dopo solo un attimo di esitazione. Gli mancano la famiglia, gli amici, il calore della propria terra, ma adesso il suo interesse è un altro. Confessa che un giorno gli piacerebbe spostarsi a Mosca. «L’idea mi alletta e allo stesso tempo mi intimorisce – precisa - . Ci sarebbero molte distrazioni là, più di quante ne ho ora». Nel cuore della Siberia tempo e spazio hanno dimensioni speciali, che sembrano nate per favorire il lavoro del pensiero e permettere di inventare, come è accaduto a Negri, un nuovo sistema di rappresentazione geometrica dei ragionamenti logici. Marco Negri l’ha chiamato puntografia. Lo usa nei suoi corsi e nei saggi che pubblica su diverse riviste, tanto che un giornale russo ha coniato per lui una definizione divertente: “Il professore che spiega la filosofia attraverso i disegni”.Caterina Belloni

Tra le nevi e il freddo della Siberia c’è un lodigiano. Marco Negri, 43enne nato nel quartiere di San Bernardo, ex collaboratore de Il Cittadino, da due anni e mezzo vive a Tomsk, oltre quattro ore d’aereo da Mosca...

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