Crisi, titoli bancari a picco

L’ultima “manovra correttiva”, annunciata la scorsa settimana, è la conversione in azioni del bond da 1 miliardo di euro emesso nel 2010. Un’eventualità che solo poche settimane fa era considerata remota dai vertici del Banco Popolare, impegnati da tempo a consolidare il patrimonio, ritenuto ancora insufficiente per affrontare le “spallate” della crisi internazionale. Colpa (anche, ma non solo) della “voragine” Italease, che dalla fusione Lodi-Verona (in particolare dalla fine del 2009) drena risorse alla principale banca popolare del Paese, che controlla la Popolare di Lodi. Nell’ultimo anno (ottobre 2010-ottobre 2011) il titolo del Banco ha perso il 63,4 per cento. Le azioni hanno toccato il minimo storico martedì primo novembre, quando sono scese sotto la soglia di 1 euro, sprofondando a 98 centesimi. Ieri una piccola risalita: + 1,73 per cento e azioni a 1 euro esatto. A nulla sembrano essere servite le rassicurazioni dei vertici di piazza Nogara, che da tempo segnalano come l’istituto di credito sia solido e il suo valore non rispecchi minimamente l’attuale capitalizzazione di Borsa. Rassicurazioni che probabilmente arriveranno anche il prossimo 26 novembre, quando i soci del Banco saranno chiamati ad approvare la riorganizzazione dell’istituto di credito attraverso la fusione delle banche controllate.

Un “crollo” generalizzato

Banco Popolare a parte, a Piazza Affari a soffrire pesantemente è l’intero comparto dei bancari, come si nota dalla tabella che riportiamo a fianco. In un anno il Banco ha perso il 63,4 per cento, Unicredit il 55,8, Ubi Banca il 62,8, Intesa-San Paolo il 51,1, Monte Paschi 62,9, Popolare Emilia Romagna il 38,6 e Popolare Milano 62,4. Il Banco Popolare ha cercato di invertire la rotta lanciando continui “segnali” al mercato e lavorando sulla patrimonializzazione: l’accesso ai “Tremonti bond” (1,45 miliardi di euro), l’aumento di capitale da 2 miliardi di euro, il progetto della “banca unica” (che consentirà ingenti risparmi nell’ordine di 93 milioni di euro) e, ultimo, la conversione in azioni del bond da 1 miliardo.

“Operazione rafforzamento” anche per il credito cooperativo

La crisi internazionale e l’instabilità dei mercati stanno avendo ripercussioni significative anche sul sistema del credito cooperativo italiano. E ovviamente il Lodigiano non fa eccezione. I presidenti e i direttori generali delle Bcc del territorio da un paio d’anni presentano ai soci bilanci con utili d’esercizio sensibilmente inferiori rispetto alla fase pre-crisi. E proprio nel 2011 le ex casse rurali hanno dovuto mettere mano al portafoglio per sostenere l’aumento di capitale di Iccrea Holding, banca di secondo livello del sistema delle Bcc. I vertici di quella che può essere definita la “cassaforte” del credito cooperativo hanno lanciato un robusto aumento di capitale da 300 milioni di euro, con l’ambizione di raggiungere un patrimonio di 1,01 miliardi di euro. L’obiettivo è rafforzare la holding e permetterle di presentarsi con requisiti accettabili (rispondendo così alle perplessità degli analisti) sui mercati esteri per raccogliere denaro, con il quale poi “finanziare” le singole banche di credito cooperativo. Tutte le Bcc hanno dovuto sottoscrivere l’aumento di capitale, in base alle loro dimensioni e alla partecipazione in Iccrea. E così, se alcuni istituti hanno versato poche centinaia di migliaia di euro, una banca di grandi dimensioni (per gli standard Bcc) come la lodigiana Centropadana ha registrato un’uscita di circa 5 milioni di euro. Soldi che si aggiungono a quelli già stanziati dalle banche del sistema del credito cooperativo per salvare alcune Bcc in difficoltà, in particolare nel Sud. Il fondo di garanzia dei depositanti è “sotto pressione” da mesi perché la stabilità delle singole Bcc è un requisito essenziale per la tenuta dell’intero sistema del credito cooperativo. E i salvataggi non riguardano solo banche del Sud: è recente l’intervento della “potente” Bcc di Treviglio al “capezzale” della piccola Bcc di Offanengo. A conferma che la stabilità del sistema è fondamentale per garantire tranquillità alle singole Bcc (e viceversa), la Federazione delle Bcc sta lavorando a un nuovo fondo di garanzia istituzionale (diverso dal fondo di garanzia dei depositanti), che deve ancora ottenere l’ok di Bankitalia ma che costringerà i singoli istituti ad allargare nuovamente i cordoni della borsa.

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