Crisi, il 2013 è iniziato male

A gennaio, ogni giorno, almeno quattro lavoratori sono rimasti senza posto e senza stipendio. Il primo bilancio del 2013 è drammaticamente in rosso: è bastato un mese per registrare 135 licenziamenti, 46 indennità di mobilità e 89 di disoccupazione, un numero che in tutta la regione sale a 7.070 persone a casa, di queste 3.059 percepiscono l’indennità di mobilità e 4.010 quella di disoccupazione.

Le province che se la passano peggio sono Milano, Bergamo e Brescia. I dati sono stati elaborati ancora una volta dalla Cgil, che negli ultimi anni sta tenendo sotto controllo i numeri di una crisi che non accenna ad affievolirsi.

Secondo un calcolo effettuato dal sindacato, basato su una formula matematica complessa che tiene in considerazione ammortizzatori sociali e popolazione lavorativa dipendente, è come se nel Lodigiano ci fossero 807 cittadini a casa a zero ore.

Il 2012 si è concluso con più di mille licenziamenti, il 2013 è partito con una sfilza di trattative che hanno coinvolto soprattutto le aziende metalmeccaniche, chimiche e del settore agroalimentare. Ex Polenghi, Consorzio agrario, Giannoni, Marcegaglia, Schneider solo per citarne alcune, un elenco a cui si aggiungono le piccole e piccolissime ditte che costituiscono la spina dorsale dell’economia lombarda.

La cassa integrazione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso ha subito un’impennata del +451,64 per cento, le ore autorizzate sono passate da 22.663 a 125.018. Nel gennaio 2012 hanno usufruito degli ammortizzatori sociali 14.575 operai e 8.088 impiegati, questa volta sono coinvolti 93.958 operai e 31.060 impiegati.

Il fardello di ore è così distribuito: 71.521 riguardano la cassa ordinaria, che è ritornata a livelli più elevati rispetto alle altre due; 16.640 coinvolgono la straordinaria e insieme alle 36.857 della deroga fanno capire quanto la situazione sia difficile (se non al capolinea) per molte attività e per numerose micro-aziende.

Ad avere la peggio è l’artigianato, in questo caso, infatti, la cassa è quasi raddoppiata, da circa 8mila ore è salita a 16mila. L’edilizia a gennaio ne ha collezionate 15.686, l’industria 84.637, il commercio 7.092 e gli altri servizi 1.575.

Il sindacato ha messo a punto un “piano del lavoro” regionale che prevede qualcosa come 50-70 miliardi di investimenti per creare occupazione, un libro di seicento pagine che sarà posto all’attenzione della nuova amministrazione e di tutti gli altri soggetti economici: «Il lavoro è la priorità - commenta il segretario provinciale della Cgil Domenico Campagnoli -, il lavoro inteso come chi lavora e chi può dare lavoro. I miracoli non li fa nessuno ma qualcosa si può fare, con il commissariamento di Lodi e in qualche modo quello della Provincia diventa ancora più difficile: stiamo di fatto sostenendo una politica di sostegno all’esistente ma non abbiamo un interlocuzione istituzionale con cui poter ragionare».

Ieri Campagnoli si trovava alla Schneider di Guardamiglio, l’azienda vuole spostarsi nella Bergamasca e come era ovvio l’annuncio ha scatenato la protesta dei suoi lavoratori. Il segretario era presente sul posto anche perché la trattativa si è rivelata fin dall’inizio piuttosto delicata.

E nella confusione di numeri e prospettive non possono essere dimenticati gli esodati, circa 800 solo nel Lodigiano. Per loro, rimasti senza lavoro e senza pensione, non c’è ancora una soluzione.

In provincia è nato un comitato che ormai da più di un anno cerca costantemente di ottenere risposte e di non far calare il silenzio sulla questione, organizzando manifestazioni e proteste.

Sulla maglietta portano da mesi la stessa disperata richiesta: «Esodati in cerca di futuro».

Greta Boni

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