Covid: «L’inverno mi preoccupa ma dovremo abituarci a convivere con il virus»

Parla il professor Fabrizio Pregliasco, in prima linea contro il Covid-19

Pandemia, il virus resterà ancora tra noi, anche se la situazione è migliorata: è lo scenario che in un’intervista a «Il Cittadino» disegna il professor Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, oltre che Ricercatore Confermato in Igiene Generale ed applicata all’Università degli Studi di Milano

Com’è la situazione pandemica?

«In continuo calo, c’è un andamento positivo della ondulazione. La pandemia si propaga come le onde di un sasso gettato nello stagno: il virus rimarrà con noi a lungo».

L’inverno la preoccupa?

«Siamo nella fase di riduzione, ma abbiamo l’ultimo baluardo dell’inverno con le sue situazioni di rischio, gli sbalzi termici, la nostra permanenza al chiuso, la ripresa del lavoro e della scuola. Il fatto che quest’anno ci siamo presi delle libertà in più, farà crescere i virus cugini».

I virus cugini?

«Sì, si vedono già. Anche l’influenza si farà rivedere. L’anno scorso i lockdown e le attività ridotte hanno azzerato la circolazione dell’influenza. Dobbiamo essere pronti per uno scenario non piacevole, per prepararci poi alla primavera e all’estate e a una convivenza endemica con il virus».

Dovremo vaccinarci tutti gli anni?

«Il vaccino sarà, probabilmente, un appuntamento annuale, come l’influenza, con le stesse indicazioni rispetto ai soggetti da vaccinare».

Quindi superata l’estate saremmo fuori dall’emergenza e per tener lontano il Covid si farà il vaccino come per l’influenza?

«Dobbiamo capire se emergerà una nuova variante. La Delta, per esempio, si accanisce soprattutto sui giovani. L’inverno sarà un banco di prova importante, come quello che succederà nel resto del mondo.Più ci vacciniamo più saremo pronti ad affrontare ulteriori varianti e colpi di coda».

Perché non facciamo il sierologico prima del vaccino, almeno per i guariti che hanno tanti anticorpi?

«Il sierologico è interessante e dà un’indicazione, ma non è ancora standardizzato. Anche se abbiamo tanti anticorpi ci possiamo vaccinare comunque, dal punto di vista clinico non si scatenano reazioni avverse. Possiamo stare tranquilli. Ci sono tanti pazienti che si sono ammalati e che, come già successo per gli altri Coronavirus, si stanno reinfettando, a differenza per esempio del morbillo. Quindi non stupisce che anche il vaccino abbia bisogno di un richiamo, da destinare in primis ai soggetti fragili».

La terza dose per tutti invece?

«Sarà valutata superato l’inverno».

La protezione vaccinale è scaduta?

«No, c’è una capacità residua, ma a fronte di un inverno a rischio meglio mettersi il cappotto. Anche a fronte del fatto che si possono fare delle ricadute».

Ma non esiste un modo per trasformare il sierologico in un test completo per dirci se siamo immuni e possiamo risparmiare il vaccino?

«Ci sono dei test di laboratorio, ma sono costosi e complicati. Alla fine il vaccino è la strada più veloce, economica ed efficace».

Un vaccino più forte contro le varianti ci sarà?

«Per i vaccini contro le varianti le aziende hanno detto che sono in grado di approntarli probabilmente già per i richiami. Il vaccino è importante, è meglio evitare di prendere la malattia, sempre, anche perché la variante Delta si accanisce di più del virus precedente».

Ci sono dei nuovi farmaci per la cura...

«Sì, vedo delle prospettive positive per gli approcci terapeutici, sia per gli anticorpi monoclonali che per gli antivirali».

Si dice che siamo vicini all’immunità di gregge...

«Con questa malattia e i vaccini che si possono fare dopo i 12 anni, o comunque anche prima quando li appronteranno, non si può raggiungere l’azzeramento della malattia. Rimarrà un’ampia quota di popolazione suscettibile, anche perché le persone si reinfettano. Andremo a tamponare con il vaccino».

E comunque dovranno essere vaccinati anche nel resto del mondo per aumentare la protezione oltre che per un fatto etico. È vero?

«Certo, è così».

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