Condanna, ma la vittima è morta

Ex calciatore denunciò un raggiro da 21mila euro

Aveva denunciato di aver subito un raggiro da 21.600 euro e si era anche costituito parte civile per tentare di vederseli restituire, ma è morto tre anni prima di veder condannato in via definitiva l’uomo che l’ha truffato. Protagonista suo malgrado di questa vicenda di giustizia al rallentatore è il noto Giancarlo Danova, calciatore lodigiano di serie A che si è spento il 15 giugno del 2014 chiamato “pantera” per i suoi scatti fulminei. Nel 2008 un veneziano che aveva conosciuto molti anni prima, G.L., originario di Crotone e oggi 70enne, lo aveva ricontattato all’apparenza in modo casuale, per sapere come stava. In precedenza i due si erano conosciuti perché il veneziano gli aveva segnalato una giovane promessa del calcio, chiedendo se Danova poteva fargli ottenere un provino. Quando si era rifatto vivo invece G.L., secondo le conclusioni cui sono giunte la guardia di finanza, la procura della Repubblica di Lodi e tre tribunali, aveva proposto all’ex calciatore lodigiano il proprio interessamento per far ottenere un posto in banca a un suo parente, che nonostante una buona laurea era da tempo in cerca di lavoro. Il veneziano era anche venuto a Lodi per incontrare il “pantera” e in più riprese, negli anni, si era fatto dare 21.600 euro, importo desunto in parte dalle dichiarazioni dalla vittima e in parte documentato da due assegni che G.L. aveva incassato a proprio nome. Quei soldi, a suo dire, servivano per fare regali a funzionari di una banca francese che avrebbe quindi assunto, questa la promessa rivelatasi una bugia, il parente di Danova.

Resosi conto di essere stato raggirato, visto che a oltre due anni dalla prima promessa il posto di lavoro non arriva, il “Pantera” sporge querela presso la Finanza. Che scopre tra l’altro che il principale indiziato ha vari precedenti penali ed è stato anche in carcere. E così G.L. nel 2011 finisce sotto processo a Lodi e, nonostante i dubbi sull’identificazione sollevati dalla difesa, l’incasso degli assegni lo incastra e arriva la condanna a 8 mesi senza condizionale, e così il pantera può anche aspirare a un risarcimento che però sembra che il truffatore non sia stato mai in grado di disporre. Al processo a Lodi non si era mai visto, ma in ogni sede, con i suoi legali, ha dato battaglia. Venendo però condannato anche a Milano nel dicembre del 2015. Tenta quindi la Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso, che tra l’altro contestava una notifica del 2011. Con la formula dell’inammissibilità, la Suprema corte ha evitato la prescrizione. Anche perché 248 giorni di ritardo, nelle varie fasi processuali, erano dovuti a impedimenti di imputato e difensore.

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