Chimica, ecatombe di posti di lavoro

Nell’ultimo quadriennio dal territorio

sono scomparse dodici aziende a altrettante hanno dovuto affrontare una riduzione del personale

Negli ultimi quattro anni nella categoria dei chimici lodigiani sono sparite 12 aziende che hanno portato via con sé 575 posti di lavoro, e altre 12 hanno avuto riduzioni di personale per 296 unità: poco meno di 900 posti di lavoro persi, a cui si aggiungono le situazioni ancora aperte di crisi con cassa integrazione ordinaria (6 aziende per 157 lavoratori), con cassa straordinaria (5 aziende con 150 lavoratori) e di cassa in deroga (3 con 183 lavoratori coinvolti).

È la fotografia della categoria dei chimici (chimica, tessile, energia e manifatture) fatta dalla Filtcem Cgil di Lodi e presentata dal segretario Francesco Cisarri nel corso del direttivo dei delegati tenutosi in settimana. La disamina della Cgil per questi quattro ultimi anni nel settore è impietosa e coinvolge grandi storie industriali del territorio e multinazionali presenti da tempo nel lodigiano.

L’elenco delle aziende chiuse è una parte importante del Lodigiano e testimoniano la perdita di pezzi interi di territorio o di comparti produttivi. Borgo San Giovanni ricorda la Bma chiusa nel 2010 con 26 lavoratori (erano 70 ai tempi migliori) e la Bardiafarma sparita l’anno dopo con 50 dipendenti, Sant’Angelo ha perso la Sinterama chiusa nel 2011 con i suoi 30 posti di lavoro (degli 80 di un tempo), Massalengo la Solbiati Sasol e 88 posti di lavoro, quasi tutti di occupazione femminile. Poi c’è spazio per storie grandi come quella della Shering Plough di Comazzo (chiusa a dicembre 2012 con 90 posti di lavoro), complicate come Pantaeco a Casale (15 dipendenti diretti, ma ce ne erano almeno 60 nelle cooperative esterne) e incredibili come quella di Akzo Nobel di Fombio, i cui 180 lavoratori seppero della chiusura da uno scambio di mail tra manager intercettato casualmente. Poi ci sono le riduzioni di personale intercorse in quattro anni, da Unilever con 160 lavoratori in meno a Pregis (ora Airpack) con 40 in meno, e poi E-On (15 lavoratori) e Italplastica (5 dipendenti) a Tavazzano, Poligof e 30 dipendenti in meno a Pieve Fissiraga, e la Felisi (8 in meno) e Tendarredo (3 lavoratori) a Codogno. E poi c’è la storia attualissima di Baerlocher a Lodi, che ha già perso 45 dipendenti. «È un’ecatombe, perché i posti di lavoro persi non si riprendono più e perché questi numeri sono al ribasso, sia perché spesso sono stati preceduti da altre riduzioni sia perché non si considera l’indotto - commenta Francesco Cisarri segretario della Filtcem Cgil -. Questo territorio ha perso interi comparti produttivi come la manifattura per gli occhiali o il tessile, ridotto ai minimi termini. E c’è grande preoccupazione per quanto riguarda le casse integrazioni aperte, perché per alcune di esse le prospettive non sono buone. E il tutto è avvenuto nell’indifferenza quasi totale delle istituzioni, che non hanno avuto la voglia o il coraggio di ripensare una politica industriale per il territorio».

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