Cesani: «Niente tagli ai servizi sociali»

Dal grido di aiuto lanciato da decine di famiglie, schiacciate dalla crisi economica, alle sfide sui servizi di assistenza, fino alla difficile accoglienza dei profughi. L’assessore alle politiche sociali del Broletto Silvana Cesani traccia un bilancio della sua attività e dei progetti futuri. Con un punto fermo: «Abbiamo deciso di non tagliare i servizi e l’assistenza perché registriamo un maggiore malessere. Ora stanno arrivando in Comune utenti con problemi nuovi e più complessi». L’esponente della lista Lodi comune solidale parla anche delle “manovre” in maggioranza, dopo l’ingresso di Tadi e la possibile intesa del centrosinistra con il gruppo di Primavera lodigiana: «Su questa fase politica abbiamo avviato una consultazione con i nostri sostenitori. Deciderà la base», annuncia Cesani

Partiamo dai numeri. Quante richieste di aiuto avete ricevuto nell’ultimo periodo?

«Occorre fare prima una premessa. L’assessorato alle politiche sociali non sono solo gli interventi economici. C’è una complessità che riguarda una spesa che è di oltre 9 milioni di euro, compresa la spesa del personale, perché nell’assessorato lavorano 51 persone. In più ci sono i 900mila euro circa dell’assistenza scolastica ai ragazzi disabili. Nello specifico l’assessorato spende 1 milione 900mila per l’area minori e famiglie. Fondi che vengono indirizzati verso la prevenzione, un ambito che curiamo assolutamente. Siamo convinti che bisogna lavorare prima che si producano i dissesti. C’è poi un’area per le persone con disabilità, per cui spendiamo 1 milione 750mila euro. E un’area per persone anziane: la spesa è di 1 milione 300mila euro. Infine c’è l’area adulti in difficoltà: l’anno scorso la partita economica in questo ambito è stata di circa 520mila euro».

Quanti sono stati i contributi erogati alle famiglie in difficoltà?

«Va detto subito, e in modo chiaro: il Comune non è un bancomat. Non a tutti quelli che fanno domanda immediatamente viene dato un sostegno. C’è un servizio sociale professionale che fa della relazione di aiuto un lavoro di qualità. Gli assistenti instaurano con i singoli o le famiglie un lavoro di conoscenza, per costruire un progetto d’intervento. L’obiettivo iniziale è quello di supportare le persone in difficoltà, per aiutarle quindi a diventare autonome. Sono state 460 le persone che hanno usufruito di queste misure l’anno scorso».

Allo sportello servizi sociali di via Volturno non sono mancate forti tensioni…

«Abbiamo avuto episodi di difficoltà e di violenza all’interno del servizio. Notiamo un innalzamento delle difficoltà delle persone: quando manca il lavoro, non c’è la casa, quando non si mangia le persone arrivano con un carico di esasperazione assolutamente rilevante. Quando sono successi questi episodi di tensione, abbiamo fatto una ricerca sui comuni delle nostre dimensioni: altre città si sono già dovute confrontare con il problema, noi ce lo siamo trovato solo ultimamente. Abbiamo fatto un lavoro interno di supporto al servizio sociale, perché non possiamo mettere in pericolo i nostri dipendenti. E per 5/6 mesi abbiamo avuto un presidio dei vigili urbani. A partire da maggio di quest’anno la situazione appare più tranquilla e governabile».

Possiamo considerare superata la crisi?

«Noi la crisi la sentiamo tutta. E politicamente abbiamo scelto di non tagliare le politiche sociali. Ad esempio ci siamo fatti carico di un servizio per i disabili sensoriali, per far fronte alle difficoltà delle Province. Abbiamo deciso di non tagliare le politiche sociali perché registriamo un maggiore malessere. Ora ai servizi stanno arrivando problemi nuovi e più complessi».

Chi sono i nuovi utenti?

«Sono famiglie “normali” che finiscono in difficoltà: a volte è colpa della disoccupazione, oppure la crisi che ha costretto commercianti o artigiani a chiudere l’attività. A volte perdono la casa, faticano a tirare a fine mese e spesso devono far fronte all’insorgere di conflitti scoppiati all’interno della famiglia. Stiamo chiamando queste persone “i vulnerabili”, persone che al venir meno dell’attività lavorativa rischiano di scivolare nelle difficoltà. Sono persone non attrezzate a chiedere. Arrivano spesso ai servizi quando hanno già provato finanziarie e versano a volte in situazioni pesanti. L’idea che ci siamo fatti è che c’è una massa di persone che se la crisi non si risolve si precipiteranno tutte in Comune, perché non ci sarà altro. Questo spaventa l’amministrazione perché non potremo aiutare tutti».

Si era parlato di spostare i servizi sociali all’interno del palazzo comunale. A che punto è il progetto?

«È ancora in fase di valutazione. Stiamo studiano i pro e i contro. Non siamo ancora arrivati a una decisione. Ci sono fattori positivi, ma restano le difficoltà di carattere logistico da risolvere. Di questo piano stiamo ancora discutendo».

Una delle polemiche ricorrenti è l’accusa di dare molti contributi agli stranieri. Qual è il rapporto tra italiani e immigrati nell’erogazione degli aiuti?

«Degli oltre 9 milioni di euro il 90 per cento viene speso sui servizi. I servizi vengono erogati per la maggior parte agli italiani. Ad esempio nell’area anziani non ci sono stranieri, quando parliamo di disabilità c’è solo qualche ragazzo straniero, ma è in minima parte, e sul fronte dei minori e famiglie in prevalenza sono italiani. Anche sui contributi economici in generale, sono due volte e mezza di più gli italiani rispetto agli stranieri. Per quanto riguarda invece la povertà estrema, dai dormitori al centro raccolta per il cibo, una volta erano in prevalenza stranieri e ora siamo al 50 e 50».

Il tema dell’accoglienza e aiuto degli stranieri resta molto dibattuto in città…

«Un dato di cui tener conto è che su una popolazione di oltre 44mila abitanti, a Lodi vivono circa 6mila persone straniere. Molte sono famiglie che hanno fatto figli: bambini e ragazzi che solo di nome sono stranieri, perché per la maggior parte nascono in Italia. Cominciamo a vivere in una città “meticciata”, con una generazione mista. È importante sottolineare anche che gli interventi di carattere economico sono previsti solo per stranieri regolari. Al servizio non accedono gli irregolari, così come previsto dalla legge».

Di fronte all’emergenza immigrazione cosa fa Lodi per i richiedenti asilo?

«Noi abbiamo fatto una scelta di campo, che abbiamo comunicato al prefetto precedente e che abbiamo ribadito al prefetto attuale. Vogliamo continuare ad essere una città aperta all’accoglienza, ma dentro a un progetto che ci vede impegnati dal 2002 e che è andato crescendo. È lo Sprar, il servizio per rifugiati e richiedenti asilo, oggi noi siamo titolari di questo progetto che è ministeriale e che gestiamo con l’associazione Progetto Insieme. Con questo progetto la presenza in città è di 35 richiedenti asilo».

C’è spazio per altri profughi a Lodi?

«Come Comune pensiamo che la via giusta sia quello dello Sprar, che è un lavoro professionale di accoglienza e di aiuto. Così si può arrivare a dare una certa autonomia a queste persone. Un’accoglienza vera è quella che permette a queste persone di avere un futuro. Lodi non ha più spazi al momento, perché i numeri sono aumentati negli ultimi anni».

Gli oltre 9 milioni di euro di spesa per i servizi si potranno mantenere anche in futuro?

«Intanto per il momento non abbiamo tagliato nemmeno un servizio. Ci spaventa cosa succederà se verrà tolta l’Imu e la Tasi e non ci sarà un’adeguata compensazione. Questo è un tema politico rilevante. Se vengono tolte le tasse che implementano il bilancio comunale mi aspetto che il governo Renzi abbia un’idea forte di come compensare i Comuni. Altrimenti è una tragedia per tutti, soprattutto per i cittadini».

Oltre al Fanciullezza, cosa prevedete di realizzare in futuro?

«Anzitutto per noi il Fanciullezza è un progetto importante. Con grande sforzo abbiamo aperto un asilo nido comunale e vogliamo sostenere la crescita dei bambini e il ruolo dei genitori. Stiamo lavorando a un intervento per realizzare al primo piano un polo attrattore per bambini e famiglie».

E quali altri obiettivi avete in cantiere sull’assistenza?

«Stiamo pensando a una riorganizzazione del nostro servizio sociale. Vogliamo lavorare a un welfare di comunità e generativo. Partiremo in via sperimentale in un paio di quartieri. L’idea è quella di istituire dei “tavoli di quartiere” per ricostruire i legami sociali e dare risposta ai bisogni diffusi. Il progetto è che la cittadinanza si prenda cura del proprio luogo, insieme al servizio sociale. Sarà un lavoro lungo, vorremmo partire all’inizio dell’anno prossimo».

La mancanza di lavoro resta un grave problema. Cosa fare per sostenere i cittadini?

«Sul lavoro abbiamo cercato di vedere il welfare come opportunità lavorativa. Abbiamo investito i contributi economici in borse lavoro. Ad esempio l’anno scorso una quarantina di persone di Lodi invece di ricevere un contributo economico ha ricevuto un’opportunità di lavorare. Come Comune di Lodi siamo anche tra i promotori del progetto che è stato finanziato dalla Cariplo per 1 milione 600mila euro e, all’interno di questo progetto, siamo partner del centro per la raccolta del cibo, una realtà che in città si occupa delle distribuzione del cibo ai più bisognosi, sulla base di un centro di ascolto. Noi possiamo fare tutte queste cose perché abbiamo come assessorato 51 persone appassionate e con una grossa professionalità. Non potremmo fare queste cose se non potessimo contare su persone che amano il proprio lavoro».

Passiamo alla politica. La coalizione l’anno scorso si è allargata a Sergio Tadi e ora si parla di Francesco Milanesi. Lei è d’accordo con queste operazioni?

«Come Lodi comune solidale abbiamo in testa un progetto politico forte che è quello di lavorare affinché nella città vengano sostenute attività sociali che diano risposte vere. L’intenzione è di sostenere chi in città fa un lavoro sociale: dalla povertà, al sostegno alle famiglie e ai bambini. Ora chiederemo ai nostri simpatizzanti, con la distribuzione di 400 questionari, una valutazione sul nostro operato e anche sulle fasi politiche che stiamo attraversando. Noi non ci sentiamo di aver snaturato il nostro progetto».

La proposta di un vostro candidato per la guida dell’azienda Farmacie rientra in questo progetto di lista?

«Ci è stata fatta una proposta e abbiamo avanzato la candidatura di una figura vicina alla nostra lista, ma non è l’unica e di questo si sta ancora discutendo».

È assessore dal 2005, salvo la pausa del commissario prefettizio nel 2013. Quali progetti ha per il futuro? Si candiderà per fare il sindaco?

«Mancano 2 anni e mezzo di mandato. Voglio concretizzare gli obiettivi annunciati, poi si vedrà».

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