Camera mortuaria dell’ospedale di Codogno: frigo rotto da 5 anni, divieto per i tappeti, erba alta e degrado

Le famiglie chiedono di allentare le misure introdotte con il Covid. E i privati iniziano a pensare di proporsi come alternativa a pagamento

Il feretro giace “nudo” sul carrello. Vietati i lumini, vietato il tappeto sul pavimento, vietati i fiori. Siamo più precisi: un cesto, non di più, si può portare. Non c’è ornamento e non c’è conforto nel fare visita ai propri cari defunti in una qualsiasi delle camere mortuarie del Lodigiano. E il dispiacere dei famigliari si smarrisce nel dolore più forte della perdita, non trovando abbastanza voce per giungere alle orecchie di chi deve ascoltare. “Asettiche”, le camere mortuarie di Lodi, Codogno, Casalpusterlengo e Sant’Angelo sono così dallo scoppio della pandemia. Si doveva, allora, fare fronte al contagio. L’ingresso in ospedali e case di riposo, tutti lo ricordano, era vietato. E tra le limitazioni anti-Covid l’azienda ospedaliera vietò di esporre qualunque “arredo” ed elemento votivo negli obitori. Era emergenza. Bisognava impedire ogni “veicolo” di trasmissione del virus.

Ora che la pandemia è passata, si entra ed esce da supermercati, negozi, bar e ristoranti, pronto soccorso, ospedali, rsa, ora sono però in tanti a chiedere di tornare alla normalità. «È squallido vedere l’obitorio così - riferisce a mezza voce un operatore delle pompe funebri -. La gente ce lo dice, ma è una disposizione dell’Asst di Lodi presa nell’emergenza». Aggiunge: «Ora però potrebbe essere revocata».

È quello che pensa anche il segretario della Fisi Gianfranco Bignamini, denunciando anche il degrado dell’obitorio di Codogno: «Dentro ci sono le ragnatele e fuori l’erba alta mezzo metro - attacca -. E non capisco perché non si possano mettere ornamenti, non c’è neanche il libro per le firme. Il Covid non può togliere la dignità alle persone». A Codogno non è il solo problema: «Il frigorifero mortuario è rotto da 4-5 anni e mancano i servizi igienici» prosegue l’addetto ai lavori. Fatto sta che si piange e si prega dentro una stanza “vuota”. Privata degli elementi della veglia e della cura. Mentre sul territorio investitori privati costruiscono case funerarie “alternative” a quelle degli ospedali. Ve n’è una sulla via Emilia, vicino al cimitero a Casalpusterlengo. Hanno fiutato il business. Del dolore.

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