Albino abbraccia il suo “angelo”:

«Ormai avevo perso la speranza»

In due mesi ha mangiato solo biscotti, per due volte, mentre da diversi giorni non beveva acqua. Albino Quazzoli è ricoverato in ospedale e accetta, seppur con fatica, di raccontare queste settimane passate lontano da casa, solo in una stanza abbandonata dell’ex Polenghi. È magrissimo, la voce un sussurro quasi impercettibile. Vicino al suo letto c’è il fratello, una nipote, ma soprattutto c’è l’uomo che lo ha salvato quando ormai nessuno ci sperava più, Edoardo Carrera, dipendente Newlat, suo amico di vecchia data ed ex collega. Lunedì è stato lui a salire nelle stanze sopra l’ex portineria e a trovare il giaciglio fatto di cartoni e stracci su cui era sdraiato Albino. «Attraverso il vetro della porta avevo visto che in terra, al piano terra, mancavano alcune fotografie che erano sempre state lì e mi sono insospettito - spiega -. Ho pensato: “qui c’è qualcuno”, e così sono salito a controllare». Quelle foto le aveva prese proprio il 64enne, non è chiaro per quale motivo: questo è solo uno dei “misteri” che ancora avvolgono questa vicenda e che forse verranno risolti solo con il tempo.

È lo stesso Albino Quazzoli, quindi, 64 anni residente in via Marescalca, padre di due figli, a raccontare come sia finito in quei locali. «Volevo andare a Sordio, a trovare mia figlia e mio nipote, e così sono arrivato a piedi fino a Tavazzano, lungo la via Emilia. Ma poi ha cominciato a piovere, mi sono bagnato tutto, e così sono tornato indietro. Quando ho visto la Polenghi sono entrato». E da lì non è più uscito. Nei primi tempi lo hanno aiutato alcuni operai che stavano smantellando gli ultimi capannoni Parmalat, che gli hanno portato, forse scambiandolo per un senzatetto, alcune confezioni di biscotti. Poi questi hanno finito il lavoro e sono andati via, chiudendo tutti i cancelli, senza dire nulla a nessuno di quell’uomo.

«In tutti questi giorni ho mangiato solo per due volte, sempre biscotti» racconta ancora Albino Quazzoli. Per l’acqua, invece, ha usato quella dei bagni al piano terra. «Ma ormai penso che fossero due settimane che non riuscivo più ad alzarmi e non avevo acqua», anche se forse i giorni e le notti passate senza potersi muovere, solo e senza niente, gli hanno fatto perdere la cognizione del tempo. Si ferma un attimo, sospira, poi aggiunge: «Non ci speravo più, non pensavo che qualcuno riuscisse a trovarmi. Sabato ho provato ad alzarmi e a scendere, ma sono caduto e così sono tornato indietro. Lì avevo perso le speranze».

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