400 LODIGIANI DAL PAPA - Il commento del direttore del «Cittadino»: “Quanta forza e quanto entusiasmo Francesco ha trasmesso ai presenti”

Sindaci, amministratori e il presidente della Provincia con il vescovo Maurizio e il vescovo emerito monsignor Merisi

L’ingresso nella sala Clementina, alle 11.30, è accolto da un fragoroso applauso. Francesco si affaccia dalla porta di destra, entra nel salone e allarga il suo tradizionale sorriso quasi a voler salutare in un unico gesto i quasi quattrocento lodigiani arrivati nella capitale. A guidarli il vescovo di Lodi, monsignor Maurizio Malvestiti, insieme al vescovo emerito monsignor Giuseppe Merisi e al vicario generale don Bassiano Uggè. Ci sono decine di sindaci (alla fine se ne conteranno una trentina), tutti con la fascia tricolore, chi più intraprendente chi un poco timido, tutti uniti dall’orgoglio di appartenere alla terra lodigiana, alla pianura resa fertile dal lavoro dei monaci che hanno tracciato nel corso dei secoli vie d’acqua fondamentali per l’agricoltura. Una terra ferita dalla pandemia, per prima e con violenza.

E lo ha ricordato Francesco venerdì mattina esprimendo il proprio «grazie a medici, infermieri, volontari, cappellane, cappellani, sindaci». «Siete stati un esempio» ha aggiunto. Di fronte al Papa, nella porzione di sinistra della sala, i primi cittadini della prima “Zona rossa”, Francesco Passerini di Codogno, Elia Delmiglio di Casalpusterlengo, Tino Pesatori di Castiglione d’Adda e tutti gli altri dei centri più piccoli. Gli stessi a cui due anni fa Francesco ha infuso coraggio con una telefonata fatta al vescovo di Lodi mentre la terra di Bassiano era ferita da un male sconosciuto. La pandemia è stata «una esperienza complessa», ha osservato Francesco, non celando la necessità di «una verifica seria a tutti i livelli». «Ripartire non è dare un colpo di spugna», ha avvertito, plaudendo poi ai lodigiani, «un esempio di comunità che vuole ripartire insieme». Una comunità composita, aveva ricordato poco prima il vescovo di Lodi, prendendo la parola dopo l’ingresso nella sala di Francesco.

Solo, sorretto da un bastone, affaticato nel passo ma energico nello spirito. Un Papa che ha voluto salutare uno ad uno i quasi quattrocento pellegrini al termine dell’udienza. Chi ha portato un saluto, chi ha detto semplicemente grazie, qualcuno aveva con sé doni come libri e quadri e addirittura una bambina ha regalato a Francesco uno zucchetto bianco: il Papa che viene da lontano lo ha accettato con il sorriso sulle labbra e lo ha subito indossato, Quanta forza in un uomo, quanto entusiasmo ha trasmesso ai presenti. E quanto sono state moderne le sue parole. Francesco ha ricordato il legame profondo della terra lodigiana con il mondo missionario citando don Enrico Pozzoli, il salesiano di Senna Lodigiana che lo ha battezzato a Buenos Aires, e Santa Francesca Cabrini, «nativa di Sant’Angelo Lodigiano, patrona dei migranti». «Io sono figlio di migranti - ha sottolineato il Papa -, Santa Cabrini e le Cabriniane sono state una presenza importante a Buenos Aires e il carisma della Santa è più che mai attuale». Una attualità sottolineata a margine dell’udienza dal sindaco di Lodi, Andrea Furegato, che ha evidenziato come il fenomeno migratorio oggi spinto da guerre, carestie e ragioni ambientali non sia poi così diverso da quello che ha spopolato intere regioni d’Italia nell’Ottocento. Il carisma di Santa Cabrini è più che mai attuale e il suo messaggio ci invita a »vivere la missione oggi».

Parole che si aprono verso il futuro, quelle del Santo Padre, che ha avvertito come in un mondo sempre più secolarizzato «la evangelizzazione si fa con la santità della vita, testimoniando amore con i fatti».

E ancora - uno dei passaggi più teneri del suo intervento - «nonni e nonne trasmettono la fede con l’esempio e la saggezza dei consigli: la fede - ha scandito - va trasmessa in dialetto». Infine, un invito alla Chiesa laudense, un invito a «camminare insieme» coniugando «unità e diversità». «Continuate il vostro cammino», ha aggiunto, chiedendo poi con un estremo gesto di umiltà di pregare per il lavoro del Papa, un lavoro non facile. L’applauso a conclusione dell’intervento ha anticipato il momento forse più intimo dell’intera udienza, quando per interminabili minuti il Pontefice ha voluto salutare, uno ad uno, i partecipanti al pellegrinaggio lodigiano.

Sacerdoti, seminaristi, amministratori pubblici, membri sinodali, semplici cittadini: chi festeggiava l’anniversario di matrimonio, chi coronava il sogno di una vita, chi - come i bambini presenti - si è trovato inconsapevolmente a scrivere una pagina importante della storia della Chiesa di Lodi e della società lodigiana tutta. Le fasce tricolori che riempivano la sala sono state uno degli esempi plastici della compattezza di un territorio che, sulle orme di San Bassiano, ha saputo difendere una propria precisa identità. E non è un caso che tra i doni portati al Pontefice vi sia il quadro celebrativo dei trent’anni di fondazione della Provincia di Lodi, rappresentata dal presidente Fabrizio Santantonio.

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