Vendetta e violenza in una terra di cenere

Anche al lettore più distratto non serviranno più di dieci pagine per accorgersi che dietro la prosa nera e lucente di Emiliano Monge, 36enne scrittore messicano, si nasconde un capolavoro. Narrata con uno stile tanto potente da convincere l’autorevole «Times» a scomodare un mostro sacro come McCarthy, la storia di Germàn Alcantàra Carnero riassume in sé le contraddizioni di un secolo - il Novecento - storicamente in bilico fra colpa e desiderio di redenzione, umane solitudini e slanci d’onnipotenza, brutalità e cameratismo. Sono queste le dicotomie in cui si lacera l’esistenza del protagonista, narrata però non attraverso una successione di eventi cronologicamente ordinati, ma soffermandosi solo sui nodi più significativi: lo scontro tra un padre e un figlio, un amico ucciso per gioco e un nemico ucciso per vendetta, l’incontro con un Dio che non dona pace, un Dio incapace di rimettere i peccati, sia quelli di un uomo sprofondato negli abissi della colpa, sia quelli di una terra dura e aspra che ha lo stesso colore della cenere.

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