Uscire dalla gabbia per trovare il mondo

Conferenze, report di viaggio, recensioni librarie, brevi incursioni sulla società tecnologica e sulla narrativa autobiografica, l’orazione funebre in memoria dell’amico David Foster Wallace, scomparso tragicamente quattro anni fa: sono questi i tasselli - scritti originariamente tra il 1998 e il 2011 - di cui si compone la raccolta dell’amato autore di Le correzioni e di Libertà, da poco mandata in libreria da Einaudi. Se i due romanzi che hanno reso celebre Jonathan Franzen sono il racconto che l’America contemporanea ha dato recentemente di se stessa, questi interventi sono l’occasione per cogliere più a fondo la poetica del loro autore e ciò che egli pensa del mondo di oggi. La scrittura - su questo punto Foster Wallace concordava con Franzen - è anzi uno dei modi migliori per evadere dalla gabbia autoreferenziale della solitudine e del narcisismo: scrivendo, infatti, si toccano le corde di chi legge e si mettono a nudo i sentimenti. Questi ultimi, secondo Franzen, sono i veri latitanti della società tecnologica, per lo più racchiusa nella coazione meccanica e totalizzante dei propri dispositivi, in larga misura utilizzati per sfuggire alla prova di realtà della comunicazione interpersonale. La narrativa, essendo un «sogno volontario», ha l’opportunità di essere consapevole della propria parzialità, e di custodire il limite che l’attraversa: «Basta una sola impronta di un’altra persona in carne e ossa per ricordarci i rischi eternamente interessanti delle relazioni autentiche».

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