Un sano moralismo e un Paese sfasciato

«Moralismo», dicono i dizionari, è la «tendenza ad attribuire prevalente o esclusiva importanza ad astratte considerazioni di ordine morale». «Moralista», dunque, è chi «tende a ricondurre i propri giudizi ad una rigorosa e talvolta eccessiva dipendenza da un ordine di principi morali». Stefano Rodotà da sempre attento osservatore delle vicende del nostro paese, ha raccolto in questo volume scritti e riflessioni su un tema fondamentale per il futuro dell’Italia: la questione morale e l’etica pubblica. Il libro è come scrive egli stesso la risposta di un «vecchio, incallito, mai pentito moralista» alla lunga stagione in cui una martellante campagna mediatica della destra ha ridotto questa parola a insulto e indicatore di invidia o impotenza politica. La parola moralista fa notare Rodotà è sgradita, è usata in modo negativo e tuttavia allude a un modo di guardare le cose del mondo in maniera reattiva, non passiva. Soprattutto quando ci troviamo di fronte a illegalità, cinismo, abbandono dell’etica pubblica, che è quello che è avvenuto in questi anni, non soltanto in Italia, ma in Italia in modo tale da travolgere lo stesso senso delle istituzioni, il rispetto delle regole, il rispetto degli altri. E quindi è necessaria una reazione. In questi anni il degrado politico e civile ha conosciuto accelerazioni impressionanti. Sono cresciute la scala della corruzione e l’accettazione dei comportamenti devianti. Tra una politica che affonda e un populismo che di essa vuole liberarsi, bisogna riaffermare la moralità delle regole.

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STEFANO RODOTÀ, Elogio del moralismo, Laterza, Bari - Roma 2011, pp. 94, 9 euro

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