Un Giappone “undeground”

Murakami torna nel suo Paese per indagare sull’attentato con il gas “sarin” nella metropolitana

Un importante romanziere intercetta il suo Paese in un momento di crisi inattesa, quando subisce una catastrofe inspiegabile per mano di un gruppo di uomini che sterminano crudelmente una moltitudine di innocenti. È la mattina del 20 marzo 1995. Dissimulati tra la folla, alcuni adepti del culto Aum entrano in diverse carrozze della metropolitana di Tokyo e con la punta affilata dell’ombrello bucano sacchetti di plastica avvolti in carta di giornale liberando un quantitativo importante di sarin, micidiale gas nervino inventato negli anni Trenta da uno scienziato tedesco su incarico di Hitler. Si scatena il disastro. Decine di morti e 3800 intossicati. Murakami Haruki vive da tempo lontano dal Giappone, i contatti con i suoi luoghi di origine si sono allentati e non riesce a capire ciò che è realmente successo, quale temperie sociale abbia potuto creare le premesse di un gesto tanto insensato e quali siano le concrete conseguenze sui sopravvissuti. Per una volta decide di abbandonare la fiction per consacrarsi all’indagine. Ritorna al suo paese natale e a distanza di un anno dall’attentato realizza questa raccolta di testimonianze arricchita marginalmente da considerazioni personali. Underground riunisce una quarantina di interviste a vittime, colpevoli e aderenti alla setta fondata da Asahara Shoko,

organizzazione religiosa ispirata agli insegnamenti del buddismo tradizionale e degenerata in un disegno stragista ideato dal suo leader. La prima parte del libro concentra le testimonianze delle vittime. Le interviste di Haruki - autentici profili biografici di persone quasi tutte incontrate personalmente - raccontano di un trauma psicologico che si traduce in un sovvertimento delle abitudini di vita, problemi lavorativi, fobie, stati depressivi, ma anche, più raramente, nella comparsa di un inedito fatalismo e un senso della precarietà della vita che infonde il coraggio di scelte coraggiose. Dalle voci di gente, accomunata da una chiara consapevolezza della propria posizione nell’organigramma sociale e un acuto senso della disciplina professionale tipicamente nipponici, emerge un quadro sociale composito. Non mancano rilievi critici nei confronti di un sistema di soccorsi lento e una denuncia della discrepanza tra ciò che risulta dai mezzi di informazione. Il sistema governativo nipponico tende a rimuovere in fretta ogni scandalo che destabilizzi l’equilibrio pubblico nell’intento di garantire una stabilità apparente, adottando forme di reticenza prossime all’occultamento. A tal fine, come accadde ovunque sul pianeta mediatizzato, le interpretazioni univoche e semplificative sono le predilette. Gli esecutori materiali dell’attentato di Tokyo, appartenenti a quel delirante ministero della Scienza e della tecnologia del culto Aum, sono abili professionisti che hanno bruscamente interrotto la propria carriera per mettersi anima e corpo al servizio di una strana religione. Parlano delle loro perplessità di fronte all’ordine del Maestro Asahara in tono distaccato, superficialmente pentiti, vagamente affetti da ipnosi. Nella sezione finale del libro, la più coinvolgente, Haruki incontra otto adepti del culto Aum più o meno estranei all’attentato, devoti inconsapevoli che raccontano il loro avvicinamento alla setta e la vita quotidiana all’interno diverse sedi dell’organizzazione. Durissimi esercizi ascetici, instancabili ripetizioni di mantra, veglie protratte e digiuni, sono accompagnate da pene corporali, dall’utilizzo di Lsd in chiave misticamente iniziatica allucinogeni e da scandalosi abusi. Queste ultime interviste sono uno spaccato di gioventù dalle passioni eccentriche, individui che durante la crescita rivelano sane curiosità filosofiche e aspirazioni religiose che non trovano risposta nel contesto in cui vivono. La buona fede e l’autentica tensione spirituale con cui questi giovani giapponesi prendono i voti di un culto sfociato nel terrorismo li rendono icone di una società portatrice di un male nascosto, in bilico tra adempienze alla regola e gesti eversivi. Per capire quello che accade sotto la calma apparente - ammonisce Haruki in una riflessione incidentale di Underground - nulla è più fuorviante del dividere arbitrariamente il complesso panorama del mondo in bene e male, buoni e cattivi, così da perdere la sottigliezza rivelatrice dei sintomi autentici, quegli stati di ambiguità e disagio sociale che sono un allarme pericoloso dai risvolti anche sanguinari.

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MURAKAMI HARUKI, Underground Einaudi, Torino 2011, pp. 447, 19 euro

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