Umorismo inglese per una storia triste

Una storia surreale, l’amicizia profonda tra due accademici britannici che, come loro stessi ammettono, hanno in comune solo l’idiozia, in viaggio per l’Europa tra un convegno e l’altro e tra un gin tonic e il successivo. Un romanzo autoironico, come vede coinvolti W. e Lars, due autentici mattacchioni che sognano grandi imprese letterarie che possano dare loro la notorietà, ma che al tempo stesso riflettono, nei pochi attimi di lucidità e la mente libera dall’alcol, con autocoscente sarcasmo sulla propria incompiutezza e mediocrità. Politicamente scorretto, lo sguardo impietoso su un mondo coi suoi difetti (molti, troppi), quello chiuso dell’università britannica, in cui l’autore si diverte giocando su una serie di luoghi comuni, utilizzati in maniera sublime, legati all’eccentricità e unicità del mondo anglosassone nelle sue relazioni coi vicini d’oltremanica. Nel bel mezzo di un universo fatto di banalità e di stupidità in cui Lars anestetizza la sua mediocrità ingerendo (a parte le generose libagioni alcoliche) notevoli quantità di cibo spazzatura, leggendo stupide riviste gossip e passando quel che resta del suo inutile tempo giocando con l’iPhone, mentre nel frattempo Lars si deve confrontare nel suo appartamento con l’ambizione imperiale dell’umidità, suo vero incubo, che sta lentamento estendendo il suo territorio trasudando continuamente metafore. Ricco di spunti presi dalla grande letteratura inglese, ma non solo da quella, unito ad una comicità irriverente, sullo stile dei Monty Python, ci troviamo di fronte ad un esordio in pompa magna per Lars Lyer.

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