Torna Carlotto, ma è un deja-vu con pochi guizzi

Per provare qualche brivido, tornare a fremere per le sorti dello squinternato Marco Buratti (alias Alligatore) e della sua altrettanto squinternata coppia di amici storici Max “la memoria” e Beniamino Rossini, per convincersi insomma che le avventure del terzetto veneto di “criminali per bene” torneranno a fare la sua comparsa sul nostro comodino, questa volta tocca arrivare all’epilogo. Dieci frizzanti paginette (dopo le precedenti sonnecchiose 170) ma sufficienti a risvegliare l’antica fiamma dei fan con il loro ritmo incalzante, il rientro in scena di un personaggio “affascinante” del passato come il delinquente sanguinario Giorgio Pellegrini, il preludio a prossime vicende che coinvolgeranno l’uno e gli altri sotto la torbida regia dei Servizi segreti. Il ritorno in libreria di Massimo Carlotto e delle storie aventi per protagonista il suo personaggio più celebre lascia non poche perplessità. Per tutto l’oro del mondo (un nuovo caso per l’Alligatore) è un romanzo che non lascia il segno: troppo lento, macchinoso, scontato, “già visto”. Oltre a sembrare il sequel spuntato dei precedenti episodi (altro che i denti affilati del verde rettile delle paludi...) , il libro risulta poi decisamente improbabile proprio nella spinta che dà il la all’indagine di Buratti & C.: il desiderio di giustizia nei confronti di un bimbo rimasto orfano dopo la brutale uccisione della madre da parte di un gruppo di spietati rapinatori e per il quale il terzetto è disposto a tutto pur di garantirgli un futuro e di vendicare l’uccisione della donna. Un po’ troppo, a nostro parere, nel pur peculiare “codice d’onore” che da sempre muove i passi dei tre personaggi di Carlotto, delinquenti dal cuore tenero e dai “principi” saldi pur all’interno delle logiche criminali, in cui la violenza è una malapianta inestirpabile quanto necessaria alle dinamiche stesse di quel mondo.Non convince il “motore” ma stenta a girare anche tutta la “macchina” della storia, con il suo sapore di deja-vu, in un mondo di ricettatori, rapinatori e contrabbandieri, tra barche di lusso, locali di copertura, belle donne e musica blues riversata a piene mani: buona a ricucire le ferite dell’anima, specie se innaffiata di buon Calvados e accompagnata da appassionate effusioni amorose con belle donne dalla vita infelice. C’è invero, a dare un po’ di sostanza al romanzo - a parte il già citato finale - il riferimento costante all’attualità del Veneto di questi anni, la messa a nudo delle sue dinamiche socio-politiche, con la critica sottile alle pulsioni giustizialiste e semplificatrici di una società preda della paura e in cui la giustizia fai-da-te finisce per diventare tollerabile di fronte alla sempre più debole capacità dello Stato di garantire la sicurezza. Ma è poco più di una ciambella che mantiene a galla la barca ben avviata di Carlotto ma non le consente certo di viaggiare con il vento in poppa. Non resta da sperare, allora, che la nuova indagine promessa nell’epilogo possa restituire ritmo ed energia alle eliche di Buratti e compari, spazzando via le incrostazioni del tempo e scongiurando altri sbadigli. Lo aspettiamo al varco, fiduciosi di poterci divertire ancora con le sue scorrazzate a tutto blues nel mare del crimine.

Massimo CarlottoPer tutto l’oro del mondo. Un nuovo caso per l’AlligatoreE/O Edizioni, Roma 2015. pp. 189, 15 euro

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