“Sottomissione”, quando il futuro si chiama islam

Michel Houellebecq non è affatto uno scrittore “normale”. A differenza del protagonista del suo nuovo romanzo, il quarantenne François, studioso di Huysmans, che si definisce «uomo di una normalità assoluta», lo scrittore francese ha un talento fuori dalla norma. E ha pure una fortuna poco comune: quella che gli ha permesso di uscire in libreria con un tempismo perfetto, proponendo una storia visionaria di una Francia del futuro prossimo (è il 2022) governata da un presidente musulmano e pacificata proprio grazie alla diffusione di un islamismo moderato e conciliante, giusto all’indomani del tragico attentato contro la redazione del giornale satirico «Charlie Hebdo». Un gesto folle e sanguinario, che ha dimostrato alla laicissima Francia della laica Europa come il jihad sia radicato anche ben dentro i suoi confini, rimettendo al centro dell’attenzione i temi della convivenza tra le fedi, della libertà di espressione (professione), dell’integrazione e, ancora oltre, quelli dell’offuscarsi dei Lumi – e della società secolare - sotto l’ondata di ritorno della religione, anzi delle religioni. Un fenomeno, questo, sul quale poggiano le fondamenta dell’intera “costruzione” di Houellebecq e che la rende assolutamente verosimile. E infatti la filigrana su cui è tessuto l’intero romanzo è proprio la consapevolezza crescente, da parte del protagonista, della sconfitta irreversibile incassata dal secolarismo laico post-illuminista nei confronti del ritorno della spiritualità religiosa e, più ancora, della sua dimensione rassicurante, in cui l’uomo trova nella sottomissione a Dio (e la donna, a sua volta - dentro l’islam - nella sottomissione consenziente all’uomo) la fonte della felicità. Una vittoria della longue durée, per dirla con Braudel; delle tendenze profonde e plurisecolari della storia – e dell’antropologia – rispetto al fiato corto delle rivoluzioni, in primis quella francese. In fin dei conti, sembra voler dimostrare lo scrittore delle Rèunion, ebraismo, cristianesimo e islam contano i millenni mentre la cultura dei lumi è poco più che un istante al loro cospetto: breve, fragile e destinato a perire. In simile contesto si muove il protagonista del libro, “uomo senza qualità” e vorace divoratore di fugaci quanto poco edificanti relazioni sessuali con le sue giovani studentesse (e qui l’autore calca un po’ troppo la mano sui dettagli), che prova con scarsa fortuna ad assecondare l’istanza di affidamento a un Altro che percepisce forte e seducente nella società che lo circonda. Lo fa emulando l’amatissimo Huysmans fino a seguirne le tracce nel monastero in cui l’autore di À rebours si convertì. Qui, davanti alla statua della Madonna, il suo sogno di conversione, però, si infrange: «La Vergine aspettava nell’ombra, calma e immarcescibile. Possedeva la maestà, possedeva la forza, ma pian piano sentivo che perdevo il contatto, sentivo che lei si allontanava nello spazio e nei secoli mentre io mi rannicchiavo nel mio banco, rattrappito, ristretto. Dopo mezz’ora mi alzai, definitivamente abbandonato dallo Spirito, ridotto al mio corpo danneggiato, deperibile, e ridiscesi tristemente gli scalini in direzione del parcheggio».Sarà allora e più prosaicamente l’islam, le cui “meraviglie” e la cui presunta superiorità nei confronti del cristianesimo (definito una «religione femminile») gli illustrerà, nelle pagine più belle del libro, il nuovo rettore della Sorbona, a convincerlo – anche in virtù di una ricca offerta economico-professionale - dell’opportunità di lasciare i panni del miscredente per abbracciare il Corano.

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Michel Houellebecq, Sottomissione, Bompiani Editore, Milano 2015, pp. 256, 17.50 euro

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