Serve una visione per costruire un futuro migliore

IL LIBRO: Il sociologo Francesco Morace indica la strada per progettare il domani e superare l’emergenza

A livello simbolico si potrebbe guardare al 2020 come a una soglia, un punto di arrivo e di partenza. Un anno doppio e bisesto, che come in un gioco di specchi sta modificando le nostre percezioni, anche a causa della pandemia. Il primo decennio del nuovo millennio si è chiuso, pieno di trasformazioni, e ora occorre fare una riflessione e trovare strumenti per costruire un futuro migliore. Parte da questa premessa il nuovo libro del sociologo Francesco Morace, pubblicato nelle scorse settimane da Egea. Secondo l’autore, che dal 2015 organizza e dirige il Festival della Crescita, appuntamento itinerante che vede ogni anno protagonisti cittadini e istituzioni, imprese e creativi, è davvero arrivato il momento di prendersi nuove responsabilità. Ognuno di noi deve affrontare un percorso di crescita verso un mondo più equilibrato, fatto di attivismo e desiderio di contare e di contarsi, di porsi al centro della scena con la propria presenza autentica, complementare a quella digitale.

Secondo Morace gli anni Venti dovranno svilupparsi all’insegna di un’etica aumentata che guardi ai diritti di cittadinanza, protegga il mondo fisico a partire dalla salute e dall’ambiente, valorizzi le persone in carne e ossa e la loro dignità, utilizzando anche lo strumento dei big data ma senza consegnarsi in modo acritico e irresponsabile alla potenza dell’algoritmo. Gli anni Venti potranno diventare un tempo e un luogo di rinascita culturale e innovazione sociale, a condizione che sappiamo affrontare la sfida con coraggio. E le ipotesi concrete di rinascita indicate nel libro fanno leva su quei valori di servizio e condivisione, verità e fiducia, sostenibilità e intelligenza, profondità e negoziazione, unicità e universalità che da sempre rappresentano le qualità autentiche dell’Italia. A suo parere, infine, occorre sviluppare la capacità simbolica di incidere sul futuro. Ma che cosa significa esattamente? «Significa avere un pensiero lungo, una cosa a cui noi italiani non siamo molto abituati – spiega il saggista - . Non abbiamo un pensiero strategico, ma viviamo molto nel presente. Quindi nelle emergenze ci comportiamo bene, ma siamo meno bravi a immaginare il futuro e a costruirlo. Avere una capacità simbolica significa invece pensare il futuro, immaginarci un mondo in cui si vive meglio e che però dobbiamo anche. Certo che è la politica che lo deve fare, ma anche ciascuno di noi può contribuire».

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