Seconda Repubblica, rivoluzione mancata

Presentato come la storia politica d’Italia da Tangentopoli alla Seconda Repubblica, vuole essere più che una semplice ricostruzione dei primi anni ‘90. Il saggio di Marco Damilano Eutanasia di un potere è il tentativo di spiegare le ragioni dell’agonia della Seconda Repubblica ripercorrendo il collasso della Prima, evidenziando che l’esasperazione del conflitto tra politica da un lato e magistratura e media dell’altro, leitmotiv del ventennio berlusconiano, è il risultato di una mancata rivoluzione e della resistenza di vecchi poteri che si pensava sarebbero stati spazzati via e che invece sono rinati sotto altre forme. Il volume arriva a vent’anni dall’inizio di Mani Pulite, ma - quel che più conta oggi - poco dopo la nascita del governo Monti nella quale lo stesso autore riconosce l’avvio di una stagione completamente nuova. La velina di Vittorio

Orefice, l’agenzia Repubblica, l’agenzia Tac, decine di lanci Ansa, e ancora il film-inchiesta Mani Pulite: è ricco di fonti e citazioni il libro del giornalista dell’Espresso, ma soprattutto contiene interviste a personaggi chiave di quel periodo e non solo che hanno già acceso il dibattito. A partire da Carlo De Benedetti, definito da Bettino Craxi «un unico mascalzone grandissimo, incommensurabile e recidivo» e considerato da Berlusconi l’unico vero oppositore. L’Ingegnere racconta la sua versione sulle vicende di quegli anni, dalla battaglia sulla Mondadori ai guai giudiziari, alle confessioni sulle elargizioni della Olivetti, fino alle sue considerazioni sul Cavaliere, «l’unico che ha tratto vantaggio dall’operazione Mani Pulite». E il capitolo “Il Gattopardo” è dedicato proprio all’ascesa politica di Berlusconi, a partire da quell’intervista rivelatrice del ‘77 di Mario Pirani su «La Repubblica» dal titolo: «Quel Berlusconi l’é minga un pirla» per arrivare all’incontro a Villa San Martino ad Arcore dove Craxi diede il suo via libera alla nascita di Forza Italia. «Da Arcore, in quella sera di pioggia - scrive Damilano - non esce la Rivoluzione italiana. Ma una gigantesca Operazione Gattopardo». C’è poi l’intervista ad Antonio Di Pietro, dal titolo «Il mio sponsor fu la Fininvest», nella quale il pm simbolo del pool di Mani Pulite racconta l’incontro con Berlusconi che nel ‘94 gli propose il Viminale per «eliminare l’investigatore che poteva arrivare a lui» e per «far passare l’idea che il suo era il governo di Mani Pulite». In un altro capitolo Damilano rivela poi che «c’è una sola persona che nel ‘92 Craxi odia più di Di Pietro». È Giulio Anselmi, che in un’altra intervista racconta i mesi di direzione ad interim del «Corriere della Sera» tra il febbraio e il settembre ‘92, quando, a dispetto delle pressioni politiche, il quotidiano, a suon di articoli ed editoriali, si tirò dietro le maledizioni dei politici. «Verrà il suo giorno, qualcuno le farà pagare il sabato», è l’avvertimento che Anselmi ricorda di aver ricevuto da Giovanni Spadolini; mentre Craxi fu più diretto: «Dopo le elezioni verrò lì e la butterò giù dalle scale a calci».Un pezzo di storia di quegli anni è non solo il racconto del coinvolgimento in Mani Pulite di Enzo Carra, attuale deputato dell’Udc, ma anche quello del collega Bruno Tabacci che su un altro terreno, quello politico, mette in rilievo le colpe dei parlamentari rei di non aver vigilato sulla corruzione. Il ruolo della televisione è spiegato invece da Carlo Freccero, per anni diretto collaboratore del Cavaliere, che da direttore di Italia Uno negli anni ‘90 poi alla guida di Raidue nel 2001 fu accusato del complotto mediatico antiberlusconiano. La tv - nelle parole di Freccero - si fa strumento dell’ascesa politica di Berlusconi, dalla lottizzazione della Fininvest alla nascita della tele-crazia.

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MARCO DAMILANO, Eutanasia di un potere, Laterza, Roma 2012, pp. 328, 18 euro

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